mercoledì 27 febbraio 2008

Spalancate le vostre porte.... al Convegno!!!

Carissimi amici e amiche!!!!!
Il nostro convegno è ormai alle porte!!
Chiunque fosse interessato a partecipare solo alla giornata di sabato,

sappia che
l'ingresso alla conferenza è gratuito.
Ci sarà un costo di 10 € solo per chi vuole rimanere con noi anche alla cena-aperitivo presso il Novabar, in via Martelli a Firenze.

Il programma della tre giorni potete trovarlo all'indirizzo http://www.giovaniinsiemeper.blogspot.com/
Sperando di vedervi sabato, vi salutiamo caldamente

martedì 26 febbraio 2008

Download - Life Happening Firenze 2008

Scarica i contributi dei nostri relatori. Basta cliccare con il tasto destro sulla parte desiderata e selezionare "Salva oggetto con nome..."

Domenica 2 marzo
Assuntina Morresi 1 - 2
Angelo Passaleva 1 - 2
domande 1 - 2 - 3

sabato 23 febbraio 2008

Incontro 25 febbraio ore 21

Cari amici e amiche!
Vi invitiamo a partecipare all'ultimo dei nostri incontri prima dell'inizio del convegno.
Ci troveremo come sempre presso la sede in piazza S.Remigio,
lunedì 25 febbraio alle ore 21.
Procederemo in maniera più specifica alla distribuzione dei compiti per il convegno.
Speriamo di essere numerosi!!!
Un caloroso Saluto
MpVtoscanagiovani Team

martedì 19 febbraio 2008

IMPORTANTE!!! Distribuzione Manifesti

Le locandine 100x70 arrivate da Roma sono state tutte affisse per le strade di Firenze o Prato.
Abbiamo perciò praparato locandine più piccole in A3 e A4 (vedi la foto di lato) da portare in parrocchie, negozi, associazioni ecc... Da stamani mattina (martedì) sono nella nostra Sede in San Remigio (via S. Remigio 4) a disposizione di tutte le anime generose che vorranno diffonderle: la nostra Cinzia è lì tutte le mattine dalle 9 alle 12. Se non vi è possibile venire a ritirarle la mattina, basta avvertire Cinzia (055-268247, ore 9-12) che le lascerà dalle suore lì accanto.
Grazie ancora,
Andrea, Lorenzo e Francesco

lunedì 18 febbraio 2008

Verso il Life Happening di Firenze. 5

RU 486: ovvero aborto leggero.
L'altro come assente e la banalizzazione della vita

di Eugenia Roccella, da "Avvenire" (11.9.2005)

Nella legge italiana, e nella gran parte dei documenti internazionali sui cosiddetti diritti riproduttivi, si specifica che l’aborto "non può essere utilizzato come mezzo di controllo delle nascite". In realtà l’interruzione volontaria di gravidanza sta diventando il mezzo più comune per regolare la natalità, non solo nei paesi terzi, ma anche nell’area occidentale. Negli anni della rivoluzione sessuale e delle lotte femministe, ci si aspettava che l’informazione e la diffusione dei metodi contraccettivi avrebbero fatto scendere drasticamente le percentuali del ricorso all’aborto. E’ avvenuto esattamente il contrario: per un paradosso che a rigor di logica appare inspiegabile, accade che paesi come la Svezia, in cui gli anticoncezionali sono d’uso comune, abbiano un numero di aborti tra i più alti in Europa, e che complessivamente il livello degli aborti stenti a diminuire, o addirittura aumenti. I comportamenti umani, più che rispondere a una ferrea razionalità, seguono i processi di adattamento culturale; la banalizzazione dell’aborto, che viene proposto come un "diritto", lo rende sempre meno una scelta consapevole, e sempre più un’opzione automatica, svuotata di risvolti etici. Gli elementi di conflitto, come la realtà dell’eliminazione dell’embrione o del feto, le sue sofferenze, la sua stessa presenza, tendono ad essere oscurati, ridotti ad argomenti indicibili o marginali. Nella scelta di abortire, "l’altro" è sempre più assente, è un fantasma a cui non si deve alludere, per non aumentare il disagio e il dolore della donna. Non credo che questa sorta di eufemismo delle coscienze porti a una vera riduzione del danno per le donne che abortiscono, al massimo a una rimozione, a una clandestinità del conflitto emotivo. Il processo culturale di banalizzazione ha però conseguenze di altro tipo: per esempio permette che i nuovi metodi anticoncezionali si avvicinino sempre più alle pratiche abortive, fino ad annullare ogni distinzione. La stampa salutava ieri l’introduzione in Italia, ancora in via sperimentale all’Ospedale Sant’Anna di Torino, della RU 486 (la pillola abortiva) come una conquista femminile, un nuovo "abortirai senza dolore". Più che altro si tratta di un aborto meno costoso per le strutture sanitarie pubbliche, perché praticabile in day hospital, ma molto pesante per le donne. La RU 486 viene somministrata insieme ad antidolorifici, sotto stretto controllo medico, perché non è certo priva di controindicazioni. Ma non è questo il solo problema. Si continuano ad infliggere ferite all’idea di maternità, insistendo su metodi contraccettivi che ne bistrattano e svalorizzano il senso. Aborto e contraccezione si confondono fino all’indistinzione: pillola abortiva, pillola del giorno dopo, pillola contraccettiva… Difficile operare vere distinzioni tra ormoni che impediscono l’impianto, che provocano l’espulsione dell’embrione, o che impediscono l’ovulazione. Un nuovo metodo, in fase di sperimentazione clinica, dovrebbe impedire l’impianto grazie alla risposta immunitaria a una proteina prodotta dall’embrione: si chiama vaccino anti-hCG, o immunocontraccezione: dal rischio di maternità, come da quello del vaiolo, ci si potrà vaccinare. La contraccezione abortiva non solo mira ad utilizzare forme di aborto "leggero" come mezzo di controllo delle nascite, ma, mascherandone il significato di morte, rende l’aborto, non solo di fatto, ma anche sul piano simbolico ed etico, un anticoncezionale come gli altri.

venerdì 15 febbraio 2008

Verso il Life Happening di Firenze. 4

Per presentare don Davide Banzato, giovane sacerdote della comunità di Nuovi Orizzonti che ci accompagnerà nella riflessione di sabato 1 Marzo, abbiamo pensato di proporvi 4 momenti, tratti da un suo intervento nella trasmissione "L'ITALIA SUL DUE". Nonostante la giovane età, offre a noi una grandissima testimonianza di coerenza con sè stesso.

Video di don Davide Banzato - prima parte


Video di don Davide Banzato - seconda parte


Video di don Davide Banzato - terza parte


Video di don Davide Banzato - quarta parte

mercoledì 6 febbraio 2008

Verso il Life Happening di Firenze. 3

Pubblichiamo un'interessante intervista allo Psicoterapeuta Alessandro Meluzzi. Dopo aver incrociato Umberto Folena, è anche quest un'occasione per conoscere chi saMatrimonio oggi: una fedeltà a dura prova


L’amore al centro del colloquio con Alessandro Meluzzi, psichiatra e psicoterapeuta, autore di «ErosAgape. Un’unica forma di amore».
di Sabina Fadel (http://www.messaggerosantantonio.it/)


Alessandro Meluzzi non è solo lo psicologo che entra quotidianamente nelle nostre case dagli schermi televisivi dell’Italia sul due. Non è solo lo psicoterapeuta che partecipa ai talk-show e, persino, a un’edizione (in qualità di opinionista, naturalmente) dell’Isola dei Famosi. È stato senatore della Repubblica e docente universitario. È saggista e fondatore di comunità di accoglienza, direttore scientifico della Scuola Superiore di Umanizzazione della Medicina, giornalista nonché autore televisivo. Ma Alessandro Meluzzi è, soprattutto, un uomo di profonda fede (può vantare anche un baccalaureato in Filosofia e Mistica presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma) che – ci ha confessato – nutre la speranza di diventare diacono permanente. Lo abbiamo incontrato in occasione dell’uscita del suo ultimo libro: ErosAgape. Un’unica forma d’amore (pubblicato dall’editrice dei Carmelitani).

Professor Meluzzi, come mai la scelta di un tema così impegnativo?

Perché sono rimasto profondamente colpito dalla lettura dell’enciclica di Benedetto XVI, Dio è amore, nella quale il concetto della stretta integrazione tra la passione (eros), e l’amore-dono (agape), che è anche scambio e solidarietà, è espresso in modo magistrale. Quell’enciclica per me è stata come un canto all’unità, un segno profetico, e con il mio piccolissimo saggio ho inteso leggere quell’insegnamento alla luce della realtà del mondo, dell’amore tra uomo e donna, dell’amicizia, della famiglia, della maternità e della paternità, della cura del dolore nei medici, fino ad approdare al tema della croce. E sono rimasto stupito leggendo il messaggio del Pontefice per la Quaresima, nel quale questi stessi temi sono ripresi con forza.

Oggi che cos’è l’amore?

L’amore è tante cose insieme. È, soprattutto, incomprensibilità e mistero, perché ha in sé il germe dell’infinito ed è in sé una delle manifestazioni dell’infinito. È quella tensione all’altro che nasce anche da un’assenza e che fa continuamente ricercare l’assente, chiunque esso sia. È manifestazione di una tensione alla totalità (lo spazio) e all’eterno (il tempo), cui la natura umana non può sottrarsi. L’amore, in definitiva, è una manifestazione di eternità nell’uomo.

Lei apre il suo saggio con il tema del deserto. Ma in che rapporto stanno «deserto, amore e relazione»? In altri termini: per imparare ad amare bisogna per forza imparare a «sostare nel deserto»?

Per imparare ad amare bisogna imparare a spegnere quell’assordante rumore di fondo che spesso ci impedisce di guardarci dentro e di guardare l’altro. Un chiasso che non ci permette di amare l’altro come noi stessi, perché non ci fa incontrare noi stessi. Ma se per poter amare l’altro bisogna avere la capacità di sostare nel deserto, è anche vero che l’identità e la profondità della conquista di sé sono il risultato di una relazione. Quindi non c’è relazione senza deserto, ma non c’è intimità con se stessi e conoscenza di sé senza relazione. Se ci pensiamo bene, anche l’approdo del monachesimo è uno straordinario amore erotico con la dimensione del divino. Quindi, sempre e comunque, anche al centro della solitudine, c’è una relazione.

In quale modo l’incontro con l’altro ci apre al Mistero?

Dischiudendoci alla nostra non autosufficienza, ci apre alla dimensione dell’ascolto e, soprattutto, alla sensazione che quella scintilla divina che c’è in noi può trovare conferma e realizzazione soltanto nel rispecchiamento e nell’incontro con l’altro. Gli indiani hanno una bella espressione, namasté, «saluto il divino che c’è in te»: la reciprocità di questo saluto è la più formidabile riprova della presenza del divino nel cuore dell’uomo, per citare sant’Agostino.

Qual è, secondo lei, la più grave «malattia» di cui soffre la coppia moderna?

Soffre soprattutto del fatto di essere coppia. Nel libro ci ritorno spesso: la coppia è un’invenzione recentissima, degli ultimi cinquant’anni. Prima esisteva la famiglia, che aveva altri tempi, altre distanze, altre finalità, un’altra vitalità basata sulla sua intrinseca fecondità, non solo riproduttiva. La coppia è un’illusione un po’ neoromantica, un po’ razionalista basata sulla convinzione che i meccanismi funzionali in grado di mettere insieme un uomo e una donna siano gli stessi che possono mantenerli insieme a lungo. Ma è un errore. Questa incapacità di crescere, di «coevolvere» insieme è una delle malattie principali della coppia, proprio perché è coppia e non famiglia.

Che cos’è la famiglia?

La famiglia è la condizione naturale della vita dell’uomo. Perché è condizione naturale della trasmissione del mistero della vita, che è dono attraverso un atto gratuito d’amore.

E la maternità?

La maternità è il centro della dimensione del femminile, ma anche di tutta la condizione umana che, ovviamente, senza maternità cesserebbe. Ma anziché un evento che ha la supremazia su ogni altro ragionamento e progettualità razionalista, la maternità oggi rischia di diventare un tardivo atto narcisistico che si compie al termine di una specie di cursus honorum della vita, una sorta di tappa conclusiva che viene posizionata inevitabilmente alle soglie della menopausa.

Un capitolo intero del suo libro è riservato ai giovani. Ma i giovani d’oggi, sono emotivamente più fragili?

In realtà i giovani sono sempre stati fragili. È la società di oggi a essere diversa. I nostri ragazzi sono cresciuti senza tanti fratelli o cugini, circondati solo da adulti o vecchi che proiettavano su di loro aspettative, desideri, bisogni affettivi propri. Sono cresciuti in una specie di narcisismo che ha fatto di loro degli eterni fanciulli, piccoli «totem-bambini» portati in processione da famiglie frequentemente disperate. A volte (ma neanche tanto raramente se pensiamo che un terzo delle famiglie si separa) si sono trasformati addirittura in «totem-con-la-valigia», dovendo spostarsi continuamente tra la casa del padre e quella della madre divorziati. I «totem con la valigia» sono destinati a moltiplicarsi e questa è una fonte di fragilità. Così com’è fonte di fragilità il fatto che essi appartengono a una generazione che per la prima volta ha la sensazione che la propria vita, dal punto di vista materiale, non sarà migliore di quella dei genitori o dei nonni. E anche questo crea una diffusa ipocondria sociale.

Il cammino di ogni ricerca, soprattutto quella spirituale, parte dall’etica del dubbio, da un atteggiamento di stupore nei confronti della vita. Ma l’uomo d’oggi, secondo lei, è ancora in grado di provare stupore?

L’uomo di oggi prova stupore come non mai. Si stupisce innanzitutto di fronte all’incomprensibilità delle cose che lo circondano, di fronte all’alterità di culture che irrompono nelle sue quiete abitudini e le perturbano, di fronte al fatto che certe cose che credeva onnipotenti, come la scienza e l’economia, non lo sono; prova stupore di fronte alle proprie inquietudini e a quelle nelle quali s’imbatte. Direi che l’uomo contemporaneo è circondato dallo stupore, benché spesso non ne sia adeguatamente consapevole. E, invece, lo stupore è la base di ogni filosofia possibile.

In un altro passo del suo saggio lei afferma che «l’unica mistica oggi possibile è quella della relazione, del dialogo e dell’incontro nella libertà caotica del reale».

I mistici sono quelle grandi anime che, attraverso un carisma particolare, hanno potuto sperimentare nella propria carne la presenza del divino. E oggi la presenza del divino si manifesta, oltre che nelle forme straordinarie, nella pressante e inquietante presenza dell’altro nella nostra vita, nella sua capacità di interpellarci, nell’ultimo, che spesso è la persona a noi più vicina: è la moglie trascurata, è il marito disorientato, è il figlio assente o incomprensibile. Gli ultimi di cui ci parla il Discorso della montagna, qualche volta sono dentro le nostre case illuminate dalla luce azzurrognola del televisore.

Il suo libro si chiude con una ipotetica «intervista a Maria». Ma che cosa ha da dire una donna come Maria alle donne, alle famiglie, alla società del nostro tempo?

Dice una cosa fondamentale: la salvezza, se verrà, verrà dalle donne. Com’è venuto attraverso la donna per eccellenza, Maria, il mistero dell’incarnazione di Dio, allo stesso modo, oggi, la salvezza verrà da una sensibilità femminile capace di recuperare compiutamente, dopo un tempo di legittima emancipazione, la forza della fecondità, dell’accoglienza e della famiglia. Se le donne sapranno dire sì alla vita e alla presenza anche di ciò che non è completamente riconducibile alla dimensione della ragione, allora c’è una speranza per l’umanità. In caso contrario, non ce n’è alcuna.

domenica 3 febbraio 2008

Verso il Life Happening di Firenze. 2

Riproponiamo un articolo già comparso su questo blog un paio di mesi fa. Una pubblicità progresso recentemente diffusa dal Ministero della Salute sui nostri schermi rilancia prepotentemente i suoi contenuti.

Salvati con il preservativo: l'enciclica di Livia

Giuliano Ferrara, da "Il Foglio" del 3 dicembre 2007

D'accordo, se faccio sesso a cazzo di cane rischio di ammalarmi. Una volta era la sifilide, adesso è l'Aids. Il governo (Livia Turco, ministro della salute) intende proteggermi. Commissiona uno spot alla signora cultura (Francesca Archibugi, regista). E che dice lo spot? Potrebbe dire, con Agostino: Ama (dilige), e fa' ciò che vuoi. O con Jane Austen: Cercati un marito o una moglie, un compagno o una compagna, concepisci una creatura umana, ama, educa, educati e divertiti. O con Kakà: La castità è una scelta libera e possibile. Ma no, è troppo semplice. Sa di parrocchia. Che cosa volete che sia la salvezza, magari la speranza, di fronte al problema della salute? Ecco dunque la soluzione: Mettiti un preservativo, fagli mettere un preservativo. Il ministero suggerisce «un amore senza rischi», proprio così. L'amore con l'air bag. L'amore con la gomma. Un sesso tecnico. Un altro capitolo del progetto Orgasmus. Poi si lamentano degli stupri, della solitudine, della violenza, dell'indifferenza, queste donne moderne sull'orlo di una crisi di coscienza. La concupiscenza a loro va bene, tutto bene benissimo, e deve esercitarsi al riparo da ogni senso del peccato, parola desueta e insignificante, poco laica. Basta che sia protetta da un palloncino. Mettitelo, e fa' ciò che vuoi. Eviti il rischio di pensare a quel che fai, il rischio di fare un bambino o una bambina, il rischio di entrare o accogliere liberamente l'altro, il rischio dell'amore rischioso che implica qualcosa, il rischio della nudità. Il ministero potrebbe anche dire, via spot: Sta' attento, sta' attenta, il sesso casuale è una ginnastica pericolosa, il corpo libero comporta conseguenze spesso incontrollabili. In mancanza di Paolo e Francesca, la bocca mi baciò tutto tremante, si può supplire con una bella foto di Amanda e Raffaele. Un richiamo rozzo alla responsabilità. Rozzo ma efficace, no? Ma questo è terrorismo moralistico, si dirà. Siamo fuori del senso comune, si dirà. Invece è la perfezione del senso e del luogo comune l'idea che lo stato ti suggerisca di vestire di gomma il pisello, trattandoti come un bambino scemo, incapace di subordinare gli istinti o i talenti alla ragione. I preservativi ci sono. Son stati inventati e sono alla portata di tutti. Gli amanti vedranno che cosa farne. Decideranno loro, caso per caso. Ma chi decide per tutti, chi fa cultura e controcultura, chi ci insegna ogni giorno che lo stato è laico, non sopporta ideologie e invadenze religiose, quale diritto ha di fare propaganda alla cosa più schifosa che sia mai stata inventata, che non è il profilattico o la libera scelta se usarlo o no, ma l'amore profilattico, il sesso senza rischi? «Un messaggio culturale di rispetto per se stessi e per gli altri», dice il ministro. E uno pensa: adesso fa uno spot per dire: Giovanotto, fatti un cuore intrepido e impara ad amare, studiati la questione del piacere, fatti gli occhi giusti per il desiderio, agisci con grazia ché poi c'è il giudizio (come dice il Papa dal buio profondo del medioevo, così lontano dalla luce immensa che illumina la Archibugi). No invece, il rispetto è tecnicamente realizzabile così: Srotola un palloncino colorato, e fa' sesso a coriandolo, come ti capita ma in sicurezza, al riparo da ogni evenienza. Chiaro che poi ci sta bene anche la tolleranza per l'aborto («Vorrei tanto abortire ma non riesco a rimanere incinta» - Sara Silberman), e tanta morfina per una bella eutanasia amorevolmente assistita. Se lo stato è il pronto soccorso del desiderio regolato dall'istinto, se è il farmacista della fregola, se moraleggia a vanvera e controassicura con la gomma il formidabile gesto dell'amore, dove troverò la forza.