mercoledì 31 dicembre 2008

Contatti

 

Movimento per la Vita fiorentino-Mpv Toscana giovani

via San Remigio 4, 50122 Firenze

tel. 055-268247 – fax 055-2399322

 

 

mpvtoscanagiovani@gmail.com

 

 

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SITI NAZIONALI

sito nazionale                  www.mpv.org

sito nazionale giovani      www.prolife.it

Appuntamenti in agenda

Sabato 5 febbraio 2011

Ore 9.30Cinema Odeon, Firenze

XXXIII Giornata per la VITA, Incontro per i ragazzi delle scuole

info

Domenica 20 febbraio 2011

Ore 18Casa dei Gesuiti (nei pressi di Piazza della Libertà clicca qui per la mappa), Firenze

4°appuntamento del Ciclo di incontri 2011

 

Domenica 20 marzo 2011

Ore 18Casa dei Gesuiti (nei pressi di Piazza della Libertà clicca qui per la mappa), Firenze

5°appuntamento del Ciclo di incontri 2011

 

Domenica 11 aprile 2011

Ore 18Casa dei Gesuiti (nei pressi di Piazza della Libertà clicca qui per la mappa), Firenze

6°appuntamento del Ciclo di incontri 2011

Domenica 15 maggio 2011

Ore 18Casa dei Gesuiti (nei pressi di Piazza della Libertà clicca qui per la mappa), Firenze

7°appuntamento del Ciclo di incontri 2011

 

Domenica 19 giugno 2011

Ore 18Casa dei Gesuiti (nei pressi di Piazza della Libertà clicca qui per la mappa), Firenze

8°appuntamento del Ciclo di incontri 2011

Attività del Movimento per la Vita

 

 

Il Movimento per la vita è la Federazione degli oltre seicento movimenti locali, Centri e servizi di aiuto alla vita e Case di accoglienza attualmente esistenti in Italia. Si propone di promuovere e di difendere il diritto alla vita e la dignità di ogni uomo, dal concepimento alla morte naturale, favorendo una cultura dell’accoglienza nei confronti dei più deboli ed indifesi e, prima di tutti, il bambino concepito e non ancora nato.

 

La culla per la Vita   link

I casi di neonati ritrovati nei cassonetti di tanto in tanto tornano all’onore delle cronache. Eppure costituiscono solo la punta dell’iceberg di un fenomeno drammatico di disprezzo per la vita, di disperazione e spesso di solitudine.
Una risposta efficace a questo dramma potrà venire soltanto da una riscoperta della cultura dell’accoglienza della vita. Ma intanto il Movimento per la vita propone le “Culle per la vita”, moderna riedizione delle Ruote degli esposti che nei secoli scorsi hanno rappresentato una testimonianza della mobilitazione della società in favore dei più deboli e una concreta possibilità di vita per migliaia e forse milioni di bambini.
Le Culle sono ovviamente diverse, molto più “tecnologiche”, eppure hanno ereditato dalle Ruote il significato e la ragione di esistere. Oltre ad accogliere bambini in sicurezza per il piccolo e nell’anonimato per la donna, esse si pongono al centro del tessuto urbano come presenza profetica di una cultura dell’accoglienza e del rispetto della vita che è la stessa oggi come ieri.
Le Culle rappresentano non l’alternativa ma il completamento della normativa per il parto anonimo in ospedale (oltre 300 casi l’anno) giacché non tutte le donne vogliono o possono recarsi in ospedale a partorire.

A Firenze si trova in Piazza San Remigio.

 

Il Progetto Gemma   link

Adozione prenatale a distanza, sostieni una mamma in difficoltà e salvi il suo bambino.

Nel 1994 è nato Progetto Gemma, servizio per l'adozione prenatale a distanza di madri in difficoltà, tentate di non accogliere il proprio bambino. Una mamma in attesa nasconde sempre nel suo grembo una gemma (un bambino) che non andrà perduta se qualcuno fornirà l'aiuto necessario. Attraverso questo servizio e con un contributo minimo mensile di 160 euro, si può adottare per 18 mesi una mamma e aiutare così il suo bambino a nascere. Dalla nascita di Progetto Gemma i bambini così aiutati sono circa 14.000.

Chiunque può fare queste adozioni: singoli, famiglie, gruppi parrocchiali, di amici o di colleghi, comunità religiose, condomini e classi scolastiche. Che gioia sapere che un bambino è nato e una madre non ha abortito grazie alla tua solidarietà: sentirsi non solo genitori di un bambino, ma anche fratello o sorella di una mamma che finalmente sorride. Dividendo la spesa, l'impegno è più leggero, ma cresce la bellezza di una inedita fratellanza tra sconosciuti. Hanno aderito al Progetto anche Consigli comunali e perfino gruppi di carcerati. Capita anche che l'adozione venga proposta come dono per matrimoni, battesimi, nascite o in ricordo di una persona cara.

 

Sos Vita – telefono 24 ore su 24   link

800-813000

È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. 
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.

Il Movimento per la vita lo ha pensato per te

Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.

Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.

Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.
Telefono e rete dei Cav e dei Mpv costituiscono un unico servizio.

Dove siamo

 

Movimento per la Vita fiorentino

via San Remigio 4, 50122 Firenze

tel. 055-268247 – fax 055-2399322

movitafior@interfree.it - www.movimentovitafiorentino.it

 

E’qui che ci incontriamo periodicamente noi giovani per discutere dei temi più attuali e soprattutto per programmare le nostre attività


Visualizzazione ingrandita della mappa

Tutti i Cav in Italia (clicca qui)

Tutti i siti di Mpv e Cav italiani (clicca qui)

Centri di aiuto alla Vita in Toscana

AREZZO
Via G. Monaco 48      
52100 AREZZO      
Tel. e fax 0575/21509      
17-19 (Lun, Gio) e per appuntamento  

CAMPI BISENZIO (FI)
Via Castronella 140a/19     
50013 CAMPI BISENZIO      
Tel. e fax 055/891131      
17-19,30 (Ven, Sab)     

CARRARA
Via VII Luglio 3
54033 CARRARA
Tel. 0585/73350
16,30-18,30 (Lun, Mer); 10-12 (Gio, Sab)

EMPOLI (FI)
Via Cavour 43 B      
50053 EMPOLI      
Tel. 0571/711597 – fax 0571/530304   
15-17 (Lun); 10-12 (Ven)   

FIRENZE
Piazza S.Lorenzo 9     
50123 FIRENZE    
Tel. 055/291516 – fax 055/290790   
9,30-13 (da Lun a Ven);     
16-18,30 (Mer, Gio)    

FOLLONICA e MASSA MARITTIMA (GR)
Via Manzoni 38 bis      
58022 FOLLONICA      
Tel. 0566/41537     

GROSSETO
Via G. Pietri 6        
58100 GROSSETO      
10-12 (Mar, Gio)

LUCCA
Via S. Nicolao 81      
55100 LUCCA      
Tel. 0583/492306      
10-13 (Mer); 16-19 (Lun, Mer)   

MASSA
Massa Carrara Montignoso
Via Cavour 44       
54100 MASSA      
Tel. e fax 0585/47188      
16,30-18,30 (Lun, Mer, Ven);    
10-12 (Gio)      

PISA
Via Diotisalvi 11      
56126 PISA        
Tel. be Fax  050/553500     
16-18 (Lun,Mer, Gio); 9,00-12,00 (Mar, Gio)  
Orario estivo: 17-19 (Merc)

PISTOIA
Vicolo dei Pazzi 16      
51100 PISTOIA      
Tel. e fax 0573/24197      
15,30-17,30 (Lun, Mer);     
9,30-11,30 (Ven)     

PONTEDERA (PI)
“Angelo Faustino”

c/o Convento Padri Cappuccini    
Via Armando Diaz 35     
56025 PONTEDERA      
18-19 (Lun, Gio); 8-12 (Mer);    
Tel. 0587/292308      

PRATO 
Via del Seminario 26      
59100 PRATO      
Tel. 0574/609714      
16-19 (Lun, Mar); 9-12 (Gio, Ven)

QUARRATA (PT)
Via Trieste 29       
51039 QUARRATA      
Tel. 0573/775959 &            
15-18 (Lun); ultimo Sab del mese per appunt. 

SIENA
Via Santa Petronilla 5
53100 SIENA
Tel. 0577/222488
10-12 (Mer) ( 2° Giov del mese ) 16.30 – 18,30

VALDICASTELLO CARDUCCI (LU)
Via Comunale 207/209
55045 VALDICASTELLO DI PIETRASANTA (LU)
Tel. 0584/772388
11-13 (Mer) 16-18,30 (Mar, Ven)
c/o Ospedale Unico Versilia Lido Camaiore
16-18,30 (Mar) anche in sede

VIAREGGIO (LU)
Via Matteotti 60
55049 VIAREGGIO
Tel. 0584/944764
17-19 ora legale, 16-18 ora solare (Mar, Gio, Sab)

Case di accoglienza in Toscana

CAPANNORI (LU)

Casa Famiglia "S. Margherita"

Via Malfatti, 6 - 55012 CAPANNORI

0583/98.04.63 - Fax 0583/98.42.35

s.margheritacasafam@libero.it

 

FIRENZE

"Casa Speranza"

Via D. da Settignano, 30 - 50135 FIRENZE

055/69.71.02

 

MARINA DI MASSA (MS)

Casa di Accoglienza "Coniugi Ciampi"

Via P. Ruggero da Verrazzano, 9 - 54037 MARINA DI MASSA

0585/04.15.59 - Fax 0585/243590

casaciampi@fastwebnet.it

 

PRATO

"Casa Aurora"

Via Pistoiese, 247 (ang. Via Zipoli) - 59100 PRATO

0574/60.59.88

cav.prato@virgilio.it

Chi siamo

 

Mpv Toscana Giovani

Raccoglie tutti i giovani dai 15 ai 35 anni che aderiscono al Movimento per la Vita. I principali nuclei si trovani a Firenze, Prato e Follonica (Gr). Noi giovani toscani ci incontriamo a Firenze una volta al mese per parlare dei temi e delle questioni relative al diritto alla Vita: non solo aborto, ma anche eutanasia, fecondazione artificiale, sperimentazioni scientifiche, politiche demografiche, sostegno alla famiglia, tutela dell'ambiente. La nostra attività consiste soprattutto nell’organizzazione di incontri, conferenze, corsi di formazione, dibattiti, campagne di informazione e sensibilizzazione.

 

Federvita Toscana

Fa parte del Movimento per la Vita Italiano e riunisce i movimenti locali e  i Centri di Aiuto alla Vita (CAV) attualmente esistenti nella regione. Si propone di difendere sul piano culturale il diritto alla vita e la dignità di ogni uomo, dal concepimento alla morte naturale, e di favorire, agendo nel concreto, una cultura dell’accoglienza nei confronti dei più deboli ed indifesi e, prima di tutti, il bambino concepito e non ancora nato.

In Toscana il Movimento per la Vita è presente in tutti i capoluoghi di Provincia e la sua opera si integra con quella dei 17 Centri di Aiuto alla Vita presenti sul territorio della Regione. Oltre centomila sono i bambini aiutati a nascere dalla fondazione del primo CAV in Italia nel 1975. Centinaia di migliaia sono state le donne accolte, assistite, ascoltate, aiutate. Il numero dei Centri e dei Servizi di aiuto alla vita (315 in Italia) è un dato di per sé importante, ma assai più eloquente è quello che fanno con il loro impegno di solidarietà e di condivisione. Più delle operatrici dei Centri, sono quei bambini e le loro mamme (ogni anno 60mila donne vengono assistite in vario modo, di esse almeno la metà sono gestanti) che potrebbero raccontare storie drammatiche di speranze perdute e ritrovate.

E nessuna mamma ha mai rimpianto la scelta di far nascere il proprio bambino.

Modulo di prenotazione per under 18, per la visione gratuita del film “Bella”.

 

I ragazzi nati dopo l’anno 1991 possono assistere gratuitamente alla proiezione del film “Bella” con 2 semplici operazioni:

1) Compilare il modulo che si trova qui sotto

2) Stampare il tagliandino del film con la scritta OMAGGIO che si trova qui sotto, e presentarlo alla biglietteria del cinema

* L’offerta è valida solo per le prime 150 prenotazioni.

 

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Tagliando omaggio (cliccaci sopra per ingrandire e stampare)

 

giovedì 25 dicembre 2008

Auguri

A tutti quelli che in questi giorni passeranno di qui, un augurio sincero di buon Natale e di un felice anno nuovo

HONTHORST_Gerrit_van_Adoration_Of_The_Shepherds

giovedì 18 dicembre 2008

Le ultime sulla Ru486

La Ru486 ha ucciso ancora. Perché insistere?

di Viviana Daloiso (Avvenire, 18.12.2008)

Della Ru486 sappiamo che è una pillola abortiva. Pochi dicono chiaramente cosa comporta il suo impiego, o spiegano le modalità attraverso cui induce l’aborto. E, ciò che più conta, nessuno parla delle 16 donne morte in seguito alla sua assunzione negli ultimi anni. O meglio sarebbe dire 17, visto che da poco è affiorata in Inghilterra la notizia di una nuova vittima dell’aborto chimico che si insiste a voler introdurre anche in Italia come forma più sicura e meno invasiva. La comunità scientifica internazionale è venuta a conoscenza del nuovo caso di decesso collegato all’impiego della pillola prodotta dalla casa francese Exelgyn, ma l’opinione pubblica italiana è stata lasciata all’oscuro di questa tragedia. Una pillola che ogni tanto uccide anche la donna e non solo il feto dovrebbe inquietare, indurre una sollevazione, imporre una frenata da parte delle autorità di controllo italiane ed europee che per molto meno hanno giustamente chiuso la porta in faccia a farmaci assai più innocenti.
I fatti, adesso. La vittima si chiamava Manon Jones, era inglese. Aveva 18 anni quando è morta all’ospedale Southmead di Bristol, dopo aver abortito con la Ru486. Era il 27 giugno 2005, ma abbiamo dovuto aspettare tre anni per conoscerne la storia. Manon aveva deciso di abortire perché temeva che la gravidanza avrebbe reso conflittuale il rapporto con la famiglia del suo ragazzo, di religione musulmana. Aveva preso il primo dei due prodotti abortivi – la vera e propria Ru486, che provoca la morte dell’embrione in pancia – a sei settimane di gravidanza, il 10 giugno. E due giorni dopo aveva assunto il secondo farmaco, il misoprostol, quello che induce l’espulsione dell’embrione. Si tratta della procedura tradizionale per la Ru486, di cui da noi non si parla volentieri, nonostante i diversi protocolli di sperimentazione avviati in alcuni degli ospedali del nostro Paese la prevedano: non basta cioè inghiottire una pillola per far sparire il problema. C’è di più: dopo l’assunzione della prima pastiglia, il feto abortito va ovviamente espulso, e questo – se la paziente non resta in ospedale, come di fatto è accaduto quasi sempre nella fase sperimentale italiana, in barba alla 194 – dovrebbe avvenire nel bagno di casa, in quello dell’ufficio, o dove capita. Anche Manon, prese le pillole in ospedale, se n’era tornata a casa.
A una visita di controllo, il 15 giugno, le era stato detto che tutto procedeva normalmente. Quattro giorni dopo, era partita per una vacanza, che però aveva dovuto interrompere prima del previsto: il 23 giugno era tornata in ospedale perché si sentiva troppo male. Quando sua madre la raggiunse, Manon era già in terapia intensiva, dove poi è morta quattro giorni dopo per ipovolemia, cioè una diminuzione di volume del sangue circolante, dovuta a una perdita eccessiva di sangue, un’emorragia per la quale si era aspettato troppo. Il giudizio dei medici non fu concorde sulle cause, così il caso di Manon finì nel cestino dell’indifferenza, come la maggior parte degli altri 16 certificati e documentati nel mondo, non di rado tra omertà e censure inspiegabili (basti pensare al bollettino dell’Agenzia italiana per la farmacovigilanza l’Aifa, n.4 del 2007, nell’articolo intitolato «Ru486: efficacia e sicurezza di un farmaco che non c’è», in cui venivano riportati solo nove casi di donne morte).
l fatto certo è che questa procedura abortiva, oltre che le misteriose morti per infezione da Clostridium Sordellii (il batterio che causa sepsi, a cui sono riconducibili 9 dei decessi in questione), può indurre perdite di sangue improvvise e abbondanti anche dopo diversi giorni dall’espulsione dell’embrione, emorragie che diventano fatali se non c’è un ricovero immediato in un ospedale attrezzato per trasfusioni.
Diciassette morti, dunque, sembrano ancora non bastare per dire che in Italia una pillola simile non ha senso adottarla per nessun motivo clinico, tantomeno per seguire l’ostinazione dei fautori dell’aborto senza alcun limite o per dar retta a quanti parlano di "vergogna" italiana nel non allinearsi ai Paesi che già adottano la Ru486 da tempo. Motivazione singolare e scientificamente risibile. E pensare che, per scatenare un allarme su altri farmaci, di vittime non ne sono nemmeno servite: tutti ricordiamo il caso dell’Aulin, il popolare antiinfiammatorio a base di nimesulide finito sotto i riflettori della cronaca l’anno scorso dopo la sua sospensione in Irlanda. Lì erano stati segnalati, da parte della National Liver Transplant Unit dell’ospedale St. Vincent, 6 casi di insufficienza epatica grave che avevano richiesto il trapianto di fegato e che erano correlati all’assunzione del farmaco. Presto il caso divenne internazionale, altri Paesi dell’Ue decisero di seguire l’esempio dell’Irlanda, l’Emea (l’Agenzia del farmaco europea) usò parole durissime contro il farmaco. E l’Aifa decise di restringere la prescrizione e l’impiego dell’Aulin in Italia. Nel caso di altri farmaci o vaccini risultati dannosi per la salute, poi, l’Aifa ha sempre adottato lo stesso doveroso atteggiamento di cautela: qualora ne esistessero altri in grado di sostituirli, senza causare danni, i primi sono stati vietati.
Considerando che il tasso di mortalità dell’aborto chimico, secondo la letteratura scientifica, è dieci volte superiore a quello chirurgico, sembra lecito chiedersi perché la stessa prudenza non venga adottata anche con la Ru486. E allora, perché si insiste così tanto?

lunedì 15 dicembre 2008

Via libera alla RU486. Un piccolo vademecum per capire cosa sta succedendo

Carissimi, è giunta l'ora anche per l'Italia. Finalmente anche noi avremo la nostra pillola, finalmente sono state vinte ciche e balorde resistenze, finalmente un altro passo verso la civiltà.

Probabilmente in questi giorni sentiremo diverse volte parole come queste. Ma vediamo di scrollarci si dosso un po' di pregiudizi, un po' di ignoranza e cerchiamo di capire qual'è la verità sulla Ru486.

Cominciamo da uno dei tanti articoli che compaiono in questi giorni su internet e giornali.

 

Via libera alla pillola abortiva «Il governo non può fermarla»

Autorizzazione dell'Aifa: la Ru486 sarà somministrata in ospedale. Da stabilire il prezzo e le modalità prescrizione

Margherita De Bac - www.corriere.it -


È questione di poco tempo l'introduzione in Italia della Ru486, la pillola abortiva. Questa settimana il Consiglio di amministrazione del-l'Aifa, l'Agenzia del farmaco, potrebbe dare il via libera definitivo alla pasticca che ha consentito a milioni di donne in tutto il mondo di interrompere la gravidanza senza entrare in sala operatoria.E il governo non può fare niente, ammette Eugenia Roccella, sottosegretario al Welfare. Questo perché la pillola di fatto aveva già ricevuto il passaporto lo scorso febbraio, autorizzata per procedura di mutuo riconoscimento dal comitato tecnico scientifico dell'Aifa durante il governo di Romano Prodi. Il comitato allora presieduto dall'ex capo dell'Agenzia, Nello Martini, aveva espresso parere favorevole giudicando positivo il rapporto costi-benefici purché il suo impiego fosse coerente con la 194 e fosse previsto solo in ambito ospedaliero. Il meccanismo si è messo in moto e il prodotto è all'ordine del giorno della riunione di fine d'anno del Cda dell'Aifa: «Arrivati a questo punto, non ci sono motivi per dire di no», dicono le persone bene informate sui lavori dell'organismo da cui dipende il prontuario terapeutico del nostro Paese.

«Noi non possiamo fare più niente per bloccare un farmaco che a nostro parere espone a molti rischi. Ma è una truffa dire alle donne che è sicuro e che rende l'aborto facile», contesta Eugenia Roccella, impegnata a denunciare con Assuntina Morresi (ora sua collaboratrice al ministero) i pericoli della Ru486. «Poi questo farmaco ha ancora molti lati oscuri. Ha provocato almeno 16 morti», sottolinea.

«E verrà somministrata in ospedale solo in teoria. Nella pratica le donne firmeranno il registro delle dimissioni e torneranno a casa, senza neppure una notte di ricovero, come è avvenuto nel 90% delle volte nel corso della sperimentazione a Torino. E questo è un rischio», aggiunge il sottosegretario. Dunque l'arrivo in commercio della famigerata pillola a base di una sostanza, il mifepristone, che «blocca il nutrimento » dell'embrione, è ormai una questione di settimane. La ditta francese che la produce, l'Exelgyn, ha già trovato l'azienda cui appoggiarsi in Italia per distribuirla. Restano da stabilire solo il prezzo e le modalità di prescrizione. La Ru486 potrà essere data solo in ospedale e con obbligo di almeno un giorno di ricovero. Non sarà un farmaco da portare a casa, lontane dal controllo medico.

L'unica motivazione che l'Aifa potrebbe avanzare per rimandare il via libera e rinviare le inevitabili polemiche da parte del mondo cattolico (soltanto l'altro giorno il Papa ha rinnovato la sua condanna) sarebbe di carattere economico. Ma sarebbe un arrampicarsi sugli specchi. Eugenia Roccella però vuole continuare la sua battaglia: «Le donne devono sapere che l'aborto chimico non è una passeggiata».

 

Senza fare troppa fatica, leggiamo un paio dei commenti poco più in basso nella pagina web del Corriere della Sera, i primi che capitano tanto per misurare la febbre di alcuni.

Lettore_6392 - Se uno e' contrario all'aborto non lo pratica. Se uno lo accetta come possibilita' ne valuta l'applicazione e al caso esegue. La RU486 e' solo un mezzo nuovo per un propblema (di coscienza) vecchio. Quel che non capisco e' perche' se io -non cattolica- desidero abortire non lo possa fare. Ognuno deve essere libero di agire secondo coscienza. Una societa' e' tanto piu' civile quanto minore e' il numero di questi casi: un aborto e' una sconfitta. Ma non e' coi divieti che si impone la civilta'. E una volta che questa e' legge che i medici la rispettino ... per favore.

Una posizione conciliante: ognuno faccia come vuole. E chi non è d'accordo non venga a rompere le scatole. Se per loro è una cosa ingiusta e abominevole se ne stiano zitti e anzi, se sono medici, oltre a stare zitti la devono pure fare. Cose già sentite, trite e ritrite. Democrazia e libertà allo stato puro. Ma solo per chi la pensa come loro. Passiamo ad un altro.

Felce Azzurra - Libera Chiesa in libero Stato, poi tutto diventa un caso di coscienza. Sarebbe anche ora di smetterla di rendere impossibile il ricorso alla pillola del giorno dopo, con cavilli pretestuosi di medici e farmacisti.

Cavilli pretestuosi di medici e farmacisti? Primo: non credo che la morte di alcune pazienti, oppure la dolorosa espulsione fai-da-te dell'embrione siano semplici cavilli. Secondo: medici e farmacisti sono liberi di esercitare obiezione di coscienza, secondo quelli che sono i loro convincimenti scientifici e morali. Lasciando stare i morali (ovvi), vedremo quali sono quelli scientifici. Un ultimo messaggio, per non provare nostalgia di questa etichetta: integralisti!

Wolfman - Non credo che ci siano commenti dietro le dichiarazioni della Chiesa e del nostro ministro. Siamo gli ultimi e vogloamo rimanere gli ultimi per un pugno di voti dei cattolici più integralisti. Nel rsto del mondo dove la pillola viene usata non ci sono particolari alarmi, pertanto....

Messaggi distensivi e aperti al dialogo, messaggi improntati al rispetto dell'opinione altrui, messaggi per niente ideologici.

 

Passiamo alla pars construens. Vediamo quanto siamo poco integralisti e molto scientifici e soprattutto vediamo come in realtà di allarmi ce ne sono tanti. Nonstante l'ignoranza della gente, imboccata dai media che fanno troppo e male il loro lavoro.

Leggiamo le parole di chi ha studiato il fenomeno Ru486 e cerchiamo di capire la realtà: quello che i media non dicono, quello che molta gente non sa, quello che i sostenitori della pillola abortiva nascondono accuratamente.

E vediamo chi è ideologico, integralista, oscurantista, oppure, nella migliore delle ipotesi, semplicemente ignorante.

Pubblico qui alcuni testi tratti dallo Speciale sulla Ru486, presente sul sito intenet di E'Vita (link).

Per saperne di più: A. Morresi - E. Roccella, La favola dell'aborto facile. Miti e realtà della pillola RU 486, Ed. Franco Angeli (link).

 

Cos’è la Ru 486?
È un prodotto chimico a base di mifepristone, un potente antiormonale che interrompe l’annidamento dell’embrione nell’utero e provoca l’aborto.
Qual è la differenza rispetto alla pillola del giorno dopo?
Anche la cosiddetta pillola del giorno dopo è un preparato che impedisce all’embrione umano di impiantarsi nell’utero. Ma mentre questa deve essere presa entro e non oltre 72 ore dal rapporto sessuale fecondante, la Ru 486 può essere presa fino al 49esimo giorno dall’ultimo ciclo mestruale.
Come si usa?
La Ru 486 viene presa per via orale. Tre giorni dopo la donna deve assumere un’altra sostanza chiamata misoprostol, che provoca le contrazioni necessarie per espellere l’embrione. Dopo dieci giorni è necessaria un’ultima visita di controllo.
Qual è il tasso di efficacia?
Nel 5% dei casi si rende necessario ugualmente un aborto chirurgico. In alcune casistiche la percentuale sale all’8%. A Cuba il tasso di fallimenti è arrivato fino al 16%.
È compatibile con la legge 194?
Per la legge 194 la gestante deve rivolgersi a un consultorio, o a una struttura sociosanitaria abilitata, per svolgere i necessari accertamenti medici (mentre i medici devono aiutarla a rimuovere le cause che la spingono all’aborto). Un tale percorso, con una pausa di riflessione richiesta alla donna di 7 giorni, è difficilmente compatibile con l’uso della Ru 486, che prevede tempi molto ristretti.

 

Di Ru 486 si muore, e non si vuol saperlo
di Assuntina Morresi (8.12.2005)

Era ovvio che la comunità scientifica se ne occupasse, con tutta l’autorevolezza di una rivista come The New England Journal of Medicine (NEJM): quattro donne morte in meno di due anni solo in California, colpite dalla stessa, rara infezione da Clostridium Sordellii, dopo essersi sottoposte ad aborto chimico con la Ru 486.
La spiegazione dei fatti è stata affidata a un articolo firmato da 13 esperti appartenenti ad importanti istituzioni mediche americane, mentre è di Michael F. Greene – editore associato della rivista e direttore della Harvard Medical School a Boston – un editoriale di cui hanno già dato notizia Eugenia Roccella e Nicoletta Tiliacos, sia su Avvenire  sia su Il Foglio. La chiave di lettura dei dati è preoccupante: le morti da aborto chimico negli Usa sono 1 su 100.000, da confrontare con quelle per aborto chirurgico registrate nello stesso periodo della gravidanza: 0,1 su 100.000. Una mortalità dieci volte maggiore, quindi, nel caso della pillola abortiva. Si sottolinea poi che per l’approvazione del mifepristone (principio attivo della pillola abortiva) la Food and Drug Administration ha impiegato ben 54 mesi, mentre ce ne sono voluti meno di 16, in media, per le altre nuove molecole registrate lo stesso anno, il 2000, e che comunque fino ad ora per ben due volte si sono dovuti modificare i foglietti illustrativi della pillola, viste le morti e i pesanti effetti collaterali.
Questa sindrome mortale da shock tossico per Clostridium Sordellii è rara: oltre ai quattro casi registrati, e a un quinto in Canada nel 2001 ancora una volta dopo un aborto chimico, nella letteratura sono stati descritti solo altri nove casi della stessa, mortale infezione, non legati a procedure abortive. Simile la gran parte dei sintomi, soprattutto vomito e forti dolori addominali – normali nel caso di un aborto chimico – e quasi sempre senza febbre, il che impedisce di diagnosticare tempestivamente l’infezione in corso. Le donne morte avevano seguito lo stesso protocollo per l’aborto chimico: nella prima fase, 200 mg di mifepristone – che blocca il progesterone causando la morte dell’embrione – e poi 800 mg di misoprostol, che induce le contrazioni e ne permette l’espulsione. Il misoprostol può essere assunto oralmente oppure, come nel caso delle 4 donne statunitense e della canadese, per via vaginale, con effetti collaterali di minore intensità.
Sui legami fra pillola abortiva e infezione mortale nel New England Journal of Medicine non si formulano ipotesi, anche se si menziona quella del dottor Ralph Miech: l’interferenza del mifepristone con il sistema immunitario potrebbe depotenziare le difese naturali all’invasione del Clostridium Sordellii. Nei due contributi pubblicati dal NEJM non viene chiesto il ritiro dal commercio della pillola, ma si raccomanda particolare attenzione agli operatori del settore, ammonendoli a tener presente questa rara ma letale possibilità. «La mancanza di consapevolezza della gravità della situazione è pericolosa», scrive a proposito Didier Sicard in una lettera pubblicata nell’ultimo numero di The Annals of Pharmacotherapy.
Ne ha parlato il Boston Globe, anche perché Didier Sicard, oltre ad essere il presidente del Comitato consultivo nazionale di etica in Francia, è il padre di Oriane Shevin, ultima vittima lo scorso giugno dell’aborto chimico. Scrive ancora Sicard: «La più recente raccomandazione da parte della FDA sottolinea la particolare attenzione che deve essere prestata per l’uso di questi farmaci prima della loro ampia diffusione e dell’uso generalizzato nei Paesi in via di sviluppo, dove il tasso di infezione batterica è molto alto. In Africa, l’elevata frequenza di infezioni genitali, insieme alle scarse cure mediche, può risultare in un significativo numero di morti se uso e applicazione di mifepristone e misoprostol non sono riesaminati. Questo è vero specialmente alla luce dell’aumento dell’uso in Africa degli spermicidi, che aumentano la carica batterica vaginale».
Speriamo che ne abbia letto Silvio Viale, per il quale le polemiche sulla pericolosità del farmaco sono tutte «balle messe in giro dal movimento per la vita americano, che sfrutta cinque righe che la FDA ha ordinato di inserire nelle controindicazioni della Ru 486» e che ritiene che «prendere la pillola abortiva non è più pericoloso che fare un viaggio in auto: se le vetture avessero i bugiardini le loro controindicazioni sarebbero più numerose». Ma la letteratura scientifica specializzata ha sempre indicato che l’aborto chimico oltre ad essere meno efficace di quello chirurgico presenta pesanti effetti collaterali. Nel marzo del 2000, ad esempio, il NEJM passa in rassegna diverse sperimentazioni di aborto farmacologico, e a quelle eseguite con mifepristone e misoprostol assegna un’efficacia media del 95%, specificando che l’effetto collaterale più pesante è dato dalle abbondanti perdite di sangue, fino a quantità quasi doppie rispetto a quelle per aborto chirurgico. Pure la durata delle perdite è maggiore: si cita in particolare uno studio in cui il 9% delle donne ne ha per oltre trenta giorni, e l’1% per più di sessanta. Anche gli altri effetti collaterali – nausea, vomito, dolori addominali – sono di maggiore entità.
Viene sottolineato che l’aborto medico può essere scelto solo se si ha facilmente accesso a centri specializzati in grado di intervenire chirurgicamente, visto che si potrebbe avere necessità di trasfusioni. Viene ripetuto che il metodo chirurgico è più efficace (99%).

Invece nella sperimentazione presentata da Spitz e dai suoi collaboratori, sempre nel NEJM ma due anni prima, l’efficacia media è del 92%. Il 75% delle donne espelle il "prodotto del concepimento" entro le 24 ore dalla somministrazione del misoprostol. Il 68% ha ricevuto antidolorifici e l’ospedalizzazione è stata necessaria nel 2% dei casi, per interventi chirurgici ma talvolta anche per l’eccessivo dolore e vomito. Il 4% ha avuto infezioni virali. I dati si riferiscono ad aborti fino al 49esimo giorno di gestazione, dopo il quale l’efficacia della procedura chimica diminuisce. Per seguire questa via bisogna quindi accertare con estrema precisione a che punto si è con la gravidanza; d’altra parte se si deve abortire entro le prime sette settimane non c’è molto tempo a disposizione per decidere e scegliere, mentre se ne ha abbastanza per pensarci durante la procedura: 3 giorni considerando la fase acuta – somministrazione di pillole ed espulsione –, 15 compresa la visita finale di controllo, necessaria per verificare che l’utero sia stato effettivamente svuotato, un numero imprecisato di giorni se si considera la possibilità di perdite di sangue molto prolungate. Per chi non vuole ricorrere alla letteratura specialistica è sufficiente scorrere i tanti articoli dedicati alla vicenda dal New York Times.
Da un’inchiesta pubblicata il 14 novembre del 2000 emerge che «molti medici nelle cliniche abortive dicono che consiglieranno le proprie pazienti di scegliere l’aborto chirurgico, perché pensano che sia un metodo migliore. La decisione di offrire mifepristone, dicono alcuni, è dettata più da ragioni di competizione che dalla convinzione che sia un metodo migliore per interrompere una gravidanza». La diffidenza è confermata anche dai dati più recenti, secondo i quali solo il 6% delle donne negli Usa sceglie di abortire con la pillola. Nel 1994, invece, vengono intervistate diverse donne che hanno seguito una procedura di aborto medico in Gran Bretagna, tra cui un’americana di 17 anni. «Mi sono sentita come se stessi morendo», ha dichiarato dopo l’espulsione del feto. Tutte le donne interpellate concordano: più difficile, più doloroso di quanto ci si aspettava. «Mi auguro ancora di trovare una qualche pillola magica che porti via subito tutto. Mi sono meravigliata di quanto facesse male».
E adesso la "pillola magica", attraverso strade le più strane, è arrivata in Italia.

 

Una Ru 486 e via. E se l’aborto capita a casa?

intervista a Renzo Pucetti

Il Consiglio superiore della Sanità ha dato il via libera alla sperimentazione della pillola abortiva Ru 486 così come prevista dal protocollo messo a punto dall’ospedale Sant’Anna di Torino, protocollo che ha recepito le modifiche contemplate nell’ordinanza disposta dal ministro della Salute Francesco Storace. L’organo consultivo del Ministero della Salute ha detto sì anche all’importazione del farmaco: il decreto del ’97 per l’importazione di farmaci non prodotti in Italia può dunque essere applicato anche alla Ru 486. Ma gli esperti hanno posto alcuni paletti: in particolare è necessario, secondo il Consiglio superiore della Sanità, che il consenso informato sia estremamente dettagliato e che la donna che si sottopone all’aborto farmacologico sia ricoverata in ospedale per l’intera durata del trattamento.

In Toscana la pillola Ru 486 è importata dalla ditta produttrice, la francese Exelgyn di Clermont Ferrand, ormai da oltre un mese e mezzo. È dell’11 novembre il primo aborto consumato con l’uso combinato di mifepristone (Ru 486) e misoprostol all’ospedale «Lotti» di Pontedera. Da allora i casi di aborto farmacologico si sono velocemente moltiplicati. «La richiesta della Ru 486 è alta – ha dichiarato nei giorni scorsi Rocco Damone, direttore sanitario della Asl 5 di Pisa – abbiamo allora deciso di introdurre una griglia di accesso molto rigida per selezionare le donne che fanno richiesta di interrompere volontariamente la gravidanza con il metodo farmacologico».

Scuote la testa il dottor Renzo Puccetti, specialista di medicina interna, esponente del comitato Scienza & Vita di Pisa. Puccetti ha studiato a fondo il dossier Ru 486 e ne sa a sufficienza da capire i documenti ufficiali per l’uso della pillola per l’aborto chimico. Vale la pena dunque affidarsi a lui per capire i criteri e le modalità per l’esecuzione dell’aborto medico fatti propri dall’Assessorato regionale al Diritto alla salute e suggeriti ai direttori generali e ai direttori sanitari delle aziende sanitarie della Toscana.

Cosa non la convince?
«Beh, stando a questo documento, la somministrazione del primo farmaco abortivo, il mifepristone, sarebbe prevista in regime di day-hospital. Successivamente la donna dovrebbe tornare a casa e ripresentarsi il terzo giorno per assumere il secondo farmaco, il misoprostol, che favorisce l’espulsione dell’embrione. Anche questo passaggio sarebbe previsto in regime di day-hospital. Se ne deduce pertanto che la donna rimarrebbe in ospedale per alcune ore per poi essere dimessa e presentarsi al quattordicesimo giorno per un successivo controllo. Secondo questo protocollo la donna che intende abortire col metodo farmacologico dovrebbe essere informata della possibilità che l’aborto si verifichi fuori dall’ospedale. È un sistema che non va affatto bene».

Quali sono i motivi di questo giudizio negativo?
«In primo luogo perché si profilerebbe una riduzione del grado di medicalizzazione della procedura d’interruzione della gravidanza, con possibili conseguenze negative per la salute delle donne. Basta ricordare, a questo proposito, che la quasi totalità dei decessi messi in relazione con l’aborto farmacologico è avvenuta in condizioni in cui la donna è stata dimessa, perché la lontananza dall’ospedale ha comportato un riconoscimento tardivo della gravità dei sintomi, spesso insorti in modo assai subdolo. D’altra parte non può restare inosservata la dissonanza tra una procedura che preveda la dimissione della donna dopo la somministrazione dei farmaci abortivi con la legge 194 in cui è espressamente indicato che l’aborto deve essere effettuato in strutture specificamente accreditate. L’espulsione dell’embrione avviene nel 5,3%-6,3% di casi prima dell’assunzione del secondo farmaco, nel 18,7%-22% dei casi 4-24 ore dopo l’assunzione delle prostaglandine e nell’8,2-8,6% dei casi nei giorni successivi. Addirittura, così come riportato nel foglietto illustrativo del farmaco venduto negli Usa, in una percentuale del 9,2-14,8% delle procedure non si riesce a stabilire il tempo di espulsione del feto. In base a quanto emerge da uno studio del 2000, pubblicato sul numero di dicembre della rivista Contraception, i crampi ed il sanguinamento iniziano rispettivamente nell’11% e nel 21,4% dei casi prima di assumere le prostaglandine. Anche non considerando quanto dettato dalla legge 194, la buona pratica medica dovrebbe prevedere il ricovero dalla prima pillola alla fase post-espulsiva, per ridurre il più possibile il rischio per la salute della donna. Le stesse osservazioni mosse dal Consiglio superiore della Sanità».

Lei sta parlando di un protocollo suggerito dalla Regione Toscana. Le strutture ospedaliere che fanno ricorso alla Ru 486 in Toscana quale protocollo hanno adottato?
«Fino a oggi, in Toscana, gli aborti chimici sono stati consumati a Pontedera (che fa riferimento alla Asl 5) e a San Miniato (che fa invece riferimento alla Asl 11 di Empoli). Io conosco il protocollo adottato a Pontedera, che da medico mi rende più tranquillo».

Perché?
«Perché il documento prevede l’ospedalizzazione della donna. Ma sarebbe opportuno conoscere, in particolare dai responsabili sanitari delle strutture in cui l’aborto farmacologico è stato praticato, quante di queste donne hanno abortito rimanendo ricoverate per tre giorni, e quante invece lo hanno fatto al di fuori delle strutture ospedaliere. L’introduzione di una prassi medica che si dovesse discostare con una frequenza solo poco più che eccezionale dal protocollo ufficiale sarebbe un elemento di estrema gravità».

Il Consiglio superiore della Sanità interpellato dal ministro Storace ha, di fatto, considerato lecita l’importazione della pillola abortiva dalla Francia...
«... ma ha stabilito vincoli piuttosto rigidi in proposito. Il decreto prevede infatti che il farmaco possa essere importato solo dichiarando formalmente la mancanza di alternative terapeutiche. Proprio leggendo Avvenire ho appreso che, per un errore del corriere che trasportava le confezioni della Ru 486, alcune donne che dovevano abortire farmacologicamente lo avrebbero poi fatto chirurgicamente: mi sembra inverosimile, allora, che la sussistenza delle alternative terapeutiche dipenda dalla puntualità del trasportatore...».

 

«Cancellata» l'informazione proveniente dagli Usa.
Ru 486, i dubbi clinici oscurati dai paraocchi ideologici

di Eugenia Roccella (05.12.2005)

Cosa diranno, adesso, tutti coloro che hanno prospettato l’introduzione in Italia della pillola abortiva, la Ru 486, come la nuova grande battaglia per la salute e la libertà delle donne? Cosa dirà chi giurava a destra e a manca «è un metodo sicuro e indolore, il più sicuro e il più indolore»? Sul New England Journal of Medicine, una delle testate scientifiche maggiormente accreditate in campo internazionale, è apparso il primo dicembre un articolo che mette severamente in guardia dai rischi dell’aborto chimico, e invita gli operatori a usare la massima cautela.
L’autore, il dr. Michael Greene, professore alla Harvard Medical School e prestigiosa firma della rivista, ricorda come la Food and Drug Administration sia stata costretta a modificare, per ben due volte in otto mesi, le avvertenze che riguardano il mifepristone, a seguito delle morti avvenute negli Stati Uniti per choc tossico da Clostridium Sordellii.
Inoltre sottolinea come le donne decedute fossero tutte giovani e in buona salute; nessuna di loro presentava visibili complicanze, nemmeno la febbre, e l’unico sintomo di cui si lamentavano era costituito da forti crampi addominali, problema del tutto comune tra chi assume la pillola abortiva. Morti, dunque, silenti e ingannevoli, asintomatiche e rapide, contro cui è stato impossibile lottare. Ma soprattutto, il dr. Greene ragiona seriamente sulle percentuali di mortalità dell’aborto chimico. Poiché la Ru 486 si può utilizzare solo fino all’ottava settimana di gestazione, bisogna paragonare il rischio con quello delle altre procedure abortive fino alla stessa data; è ovvio, infatti, che l’aborto chirurgico, che si può effettuare anche oltre questo limite (e in alcuni paesi anche senza limite alcuno) è tanto più rischioso quanto più la gravidanza è avanzata.
Se confrontato con questi criteri, gli unici corretti e scientificamente ammissibili, il tasso di pericolosità del metodo chimico si rivela 10 volte più alto di quello chirurgico. Una percentuale pesante, difficile da ignorare. Eppure, è possibile che venga ignorata. In Italia i sostenitori della pillola abortiva, e purtroppo gran parte della stampa, tendono a sorvolare sui fatti per puntare euforicamente sull’ideologia: si discute sulla contrapposizione laici-cattolici, su chi vuole costringere le donne ad abortire con dolore e chi invece, avendo a cuore il loro bene, le vorrebbe far abortire con aerea leggerezza.
Dei fatti, e delle cautele che i fatti impongono, nessuno vuole sapere, né discutere pubblicamente. Silvio Viale, il medico che per primo ha chiesto la sperimentazione della Ru 486, e che si è poi candidato alla segreteria del Partito radicale, in un’intervista apparsa sul «Secolo XIX» ha liquidato le perplessità espresse dalla Fda come «Balle messe in giro dal movimento per la vita americano». Viale, però, è in primo luogo un militante politico; meno facile è capire perché i nostri più diffusi e seri quotidiani si siano appiattiti su un’informazione sbilanciata, che tende a sorvolare sui rischi reali del metodo chimico. Il «New York Times», tempio dei liberal americani, ha dato conto del dibattito sulla Ru 486 sempre con grande equilibrio, ospitando più volte voci contrarie e notizie allarmanti.
Non solo ha riportato esaurientemente la notizia delle morti da choc tossico, ma già nel 2002 (il 25 settembre) aveva pubblicato un lungo articolo sulla diffidenza generalizzata degli operatori sanitari nei confronti dell’aborto chimico, e sui motivi per cui negli Usa pochi medici lo consigliano e poche donne vi ricorrono. Aspettiamo fiduciosi che la nostra stampa si adegui.

 

Ru 486, effetti collaterali killer

di Riccardo Cascioli (5.1.2006)

Otto donne morte in 4 anni, emorragie e infezioni che in molti casi mettono a rischio la vita, con terapie che vanno dalla trasfusione all’intervento chirurgico. E soprattutto, una gravissima sottovalutazione di queste patologie da parte dell’Ente federale preposto al controllo. Sono questi i risultati più clamorosi presenti nella ricerca di due dottoresse americane riguardo i 607 casi di effetti collaterali sull’uso della pillola abortiva Ru 486 presentati alla Food and Drug Administration (Fda), l’ente americano che autorizza e controlla la commercializzazione dei prodotti farmaceutici. E in Congresso aumentano le voci di coloro che vogliono riaprire la discussione sulla legalizzazione della Ru486 voluta nel 2000 con procedura d’urgenza dall’amministrazione Clinton.
Lo studio, firmato da Margaret M. Gary e Donna J. Harrison, si intitola Analysis of Severe Adverse Events related to the use of Mifepristone as an abortifacient (Analisi dei gravi effetti collaterali registrati per l’uso del mifepristone come abortifaciente) e sarà pubblicato sul numero di febbraio della rivista The Annals of Pharmacotherapy ma è già consultabile sul sito degli Annali all’indirizzo www.theannals.com/cgi/content/abstract/aph.1G481v1. I risultati si basano sull’esame dei 637 casi di effetti collaterali (riferiti a 607 pazienti) presentati alla Fda tra il settembre 2000 (data della commercializzazione negli Stati Uniti) e il settembre 2004. Si tratta perciò di una casistica tutt’altro che completa, inoltre 592 casi sono stati inoltrati alla Fda dallo stesso distributore del mifepristone e la maggioranza della documentazione allegata sull’evoluzione dei disturbi e sull’efficacia delle terapie, risulta molto lacunosa.
È però abbastanza per comprendere quali siano i rischi per la salute delle donne – oltre che ovviamente del bambino –- nell’uso della pillola abortiva. Gli effetti maggiori registrati sono infatti l’emorragia (237 casi) e le infezioni (66). Per quanto riguarda l’emorragia, in un caso è stata fatale, mentre in 42 casi c’è stata una seria minaccia alla vita e in altri 168 una situazione grave. In totale, 68 volte si è dovuti ricorrere alla trasfusione. Le infezioni dal canto loro, seppur meno numerose si sono rivelati più gravi per le conseguenze: ci sono stati infatti sette casi di choc settico, di cui 3 risoltisi con la morte della donna e 4 con un salvataggio in extremis. In tutto 513 volte si è dovuti ricorrere all’intervento chirurgico, d’emergenza in 235 casi.

La superficialità con cui è stata somministrata la Ru 486 viene dimostrata dal fatto che in ben 17 casi si è intervenuti d’urgenza per gravidanze extrauterine non diagnosticate e per le quali l’uso del mifepristone risulta fortemente controindicato (anche qui una donna ha perso la vita). Un risultato inatteso è anche la rilevanza di forme allergiche, come dimostrano otto casi di grave orticaria. Per quanto riguarda le morti, nei 607 casi all’esame della Fda ne sono registrate 5: due donne californiane, per sepsi; una donna del Tennessee, conseguenza di una gravidanza extrauterina; una donna britannica, ancora per sepsi, una adolescente svedese per emorragia. Ma il rapporto cita altre tre morti certe legate alla Ru 486, e tutte per sepsi: una donna canadese che partecipava alla sperimentazione; una californiana di origine asiatica (dicembre 2003), una californiana bianca (giugno 2005). Solo una di queste è avvenuta dopo il periodo considerato dall’analisi, il che rafforza la convinzione che la casistica per le gravi conseguenze negative dell’uso della Ru 486 sia ancora in buona parte sconosciuta. Un altro dato allarmante che emerge da questo studio è l’uso della pillola abortiva tra le adolescenti: infatti, proprio per le caratteristiche di maturazione fisica richieste, nelle sperimentazioni del mifepristone – sia negli Usa sia in Francia – sono state escluse le minorenni. Ciò vuol dire che la Ru486 viene distribuita alle adolescenti senza neanche una sperimentazione previa, e che la denuncia di gravi effetti collaterali è la prima informazione pubblica disponibile sull’uso clinico del mifepristone tra ragazze di 13-17 anni.

Una questione normalmente non presa in considerazione riguarda anche le conseguenze del "fallimento" della Ru 486, ovvero il proseguimento della gravidanza che – secondo i casi registrati – accade nell’8% dei casi per l’assunzione del farmaco entro i primi 49 giorni e sale fino al 23% nei successivi 14 giorni. Un tasso di fallibilità molto alto che per i feti sopravvissuti si risolve con un 23% di possibilità di malformazione. Dal rapporto infine emergono gravi responsabilità della Fda e del suo sistema di sorveglianza sui farmaci già in commercio. Una questione importante, non solo in  sé, ma anche perché – come sottolinea il rapporto – «la scelta di abortire con mifepristone anziché attraverso l’intervento chirurgico si basa essenzialmente sulle percezioni della paziente riguardo a sicurezza, convenienza e privacy, ma queste percezioni non riflettono esattamente la realtà delle cose». Questo è un punto chiave perché è evidente dalla storia della commercializzazione della Ru 486, la prevalenza degli interessi politico-ideologici ed economici su quelli più strettamente medici, tanto che la Fda fu messa sotto pressione a suo tempo anche dall’amministrazione Clinton che l’ha spinta a usare una procedura d’urgenza per la commercializzazione del mifepristone, procedura finora usata soltanto per farmaci salva-vita. Anche per andare a fondo su questi aspetti, in dicembre si è insediata una commissione d’inchiesta nel Congresso. Il primo atto è stata una lettera inviata il 21 dicembre alla Fda, per chiedere chiarimenti sui controlli effettuati riguardo ai problemi medici derivati dall’uso del mifepristone. In particolare la Commissione chiede di sapere per quale motivo solo pochi mesi fa la Danco Laboratories (distributrice del farmaco) si è degnata di aggiungere i rischi di infezione batterica (che come abbiamo visto sono i più letali) tra gli effetti collaterali descritti nel foglietto delle modalità d’uso.

Una seconda questione importante su cui la Commissione intende indagare è l’uso della Ru 486 e dell’associato Misopristol secondo modalità non approvate dalla Fda. È emerso infatti che i medici di Planned Parenthood (massima organizzazione abortista a capo di una capillare rete di cliniche e consultori) prescrivono l’uso vaginale del Misopristol (il farmaco che va assunto in combinazione con il Mifepristone per facilitare l’espulsione del feto) che dovrebbe essere preso invece per via orale. Ci sono infatti molti sospetti che le morti per sepsi siano correlate all’uso non consentito della pillola, anche se Planned Parenthood nega questa coincidenza.

sabato 13 dicembre 2008

ISTRUZIONE DIGNITAS PERSONAE

 

INTRODUZIONE

1. Ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, va riconosciuta la dignità di persona. Questo principio fondamentale, che esprime un grande "sì" alla vita umana, deve essere posto al centro della riflessione etica sulla ricerca biomedica, che riveste un'importanza sempre maggiore nel mondo di oggi. Il Magistero della Chiesa è già intervenuto più volte, al fine di chiarire e risolvere i relativi problemi morali. Di particolare rilevanza in questa materia è stata l'Istruzione Donum vitae. A vent'anni dalla sua pubblicazione è emersa nondimeno l'opportunità di apportare un aggiornamento a tale documento. L'insegnamento di detta Istruzione conserva intatto il suo valore sia per i principi richiamati sia per le valutazioni morali espresse. Nuove tecnologie biomediche, tuttavia, introdotte in questo ambito delicato della vita dell'essere umano e della famiglia, provocano ulteriori interrogativi, in particolare nel settore della ricerca sugli embrioni umani e dell'uso delle cellule staminali a fini terapeutici nonché in altri ambiti della medicina sperimentale, così da sollevare nuove domande che richiedono altrettante risposte. La rapidità degli sviluppi in ambito scientifico e la loro amplificazione tramite i mezzi di comunicazione sociale provocano attese e perplessità in settori sempre più vasti dell'opinione pubblica. Al fine di regolamentare giuridicamente tali problemi, le Assemblee legislative sono spesso sollecitate a prendere decisioni, coinvolgendo talora anche la consultazione popolare.Queste ragioni hanno portato la Congregazione per la Dottrina della Fede a predisporre una nuova Istruzione di natura dottrinale, che affronta alcune problematiche recenti alla luce dei criteri enunciati nell'Istruzione Donum vitae e riprende in esame altri temi già trattati, ma ritenuti bisognosi di ulteriori chiarimenti. 2. Nel procedere a questo esame, si è inteso sempre tenere presenti gli aspetti scientifici, giovandosi dell'analisi della Pontificia Accademia per la Vita e di un gran numero di esperti, per confrontarli con i principi dell'antropologia cristiana. Le Encicliche Veritatis splendor ed Evangelium vitae di Giovanni Paolo II ed altri interventi del Magistero offrono chiare indicazioni di metodo e di contenuto per l'esame dei problemi considerati.Nel variegato panorama filosofico e scientifico attuale è possibile constatare di fatto una ampia e qualificata presenza di scienziati e di filosofi che, nello spirito del giuramento di Ippocrate, vedono nella scienza medica un servizio alla fragilità dell'uomo, per la cura delle malattie, l'alleviamento della sofferenza e l'estensione delle cure necessarie in misura equa a tutta l'umanità. Non mancano, però, rappresentanti della filosofia e della scienza che considerano il crescente sviluppo delle tecnologie biomediche in una prospettiva sostanzialmente eugenetica. 3. La Chiesa cattolica, nel proporre principi e valutazioni morali per la ricerca biomedica sulla vita umana, attinge alla luce sia della ragione sia della fede, contribuendo ad elaborare una visione integrale dell'uomo e della sua vocazione, capace di accogliere tutto ciò che di buono emerge dalle opere degli uomini e dalle varie tradizioni culturali e religiose, che non raramente mostrano una grande riverenza per la vita.Il Magistero intende portare una parola di incoraggiamento e di fiducia nei confronti di una prospettiva culturale che vede la scienza come prezioso servizio al bene integrale della vita e della dignità di ogni essere umano. La Chiesa pertanto guarda con speranza alla ricerca scientifica, augurando che siano molti i cristiani a dedicarsi al progresso della biomedicina e a testimoniare la propria fede in tale ambito. Auspica inoltre che i risultati di questa ricerca siano resi disponibili anche nelle aree povere e colpite dalle malattie, per affrontare le necessità più urgenti e drammatiche dal punto di vista umanitario. E infine intende essere presente accanto ad ogni persona che soffre nel corpo e nello spirito, per offrire non soltanto un conforto, ma la luce e la speranza. Queste danno senso anche ai momenti della malattia e all'esperienza della morte, che appartengono di fatto alla vita dell'uomo e ne segnano la storia, aprendola al mistero della Risurrezione. Lo sguardo della Chiesa infatti è pieno di fiducia perché «la vita vincerà: è questa per noi una sicura speranza. Sì, vincerà la vita, perché dalla parte della vita stanno la verità, il bene, la gioia, il vero progresso. Dalla parte della vita è Dio, che ama la vita e la dona con larghezza». La presente Istruzione si rivolge ai fedeli e a tutti coloro che cercano la verità. Essa comprende tre parti: la prima richiama alcuni aspetti antropologici, teologici ed etici di importanza fondamentale; la seconda affronta nuovi problemi riguardanti la procreazione; la terza prende in esame alcune nuove proposte terapeutiche che comportano la manipolazione dell'embrione o del patrimonio genetico umano.


PRIMA PARTE: ASPETTI ANTROPOLOGICI, TEOLOGICI ED ETICI DELLA VITA E DELLA PROCREAZIONE UMANA

4. Negli ultimi decenni le scienze mediche hanno sviluppato in modo considerevole le loro conoscenze sulla vita umana negli stadi iniziali della sua esistenza. Esse sono giunte a conoscere meglio le strutture biologiche dell'uomo e il processo della sua generazione. Questi sviluppi sono certamente positivi e meritano di essere sostenuti, quando servono a superare o a correggere patologie e concorrono a ristabilire il normale svolgimento dei processi generativi. Essi sono invece negativi, e pertanto non si possono condividere, quando implicano la soppressione di esseri umani o usano mezzi che ledono la dignità della persona oppure sono adottati per finalità contrarie al bene integrale dell'uomo. Il corpo di un essere umano, fin dai suoi primi stadi di esistenza, non è mai riducibile all'insieme delle sue cellule. Il corpo embrionale si sviluppa progressivamente secondo un "programma" ben definito e con un proprio fine che si manifesta con la nascita di ogni bambino.Giova qui richiamare il criterio etico fondamentale espresso nell'Istruzione Donum vitae per valutare tutte le questioni morali che si pongono in relazione agli interventi sull'embrione umano: «Il frutto della generazione umana dal primo momento della sua esistenza, e cioè a partire dal costituirsi dello zigote, esige il rispetto incondizionato che è moralmente dovuto all'essere umano nella sua totalità corporale e spirituale. L'essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita». 5. Quest'affermazione di carattere etico, riconoscibile come vera e conforme alla legge morale naturale dalla stessa ragione, dovrebbe essere alla base di ogni ordinamento giuridico. Essa suppone, infatti, una verità di carattere ontologico, in forza di quanto la suddetta Istruzione ha evidenziato, a partire da solide conoscenze scientifiche, circa la continuità dello sviluppo dell'essere umano.Se l'Istruzione Donum vitae non ha definito che l'embrione è persona, per non impegnarsi espressamente su un'affermazione d'indole filosofica, ha rilevato tuttavia che esiste un nesso intrinseco tra la dimensione ontologica e il valore specifico di ogni essere umano. Anche se la presenza di un'anima spirituale non può essere rilevata dall'osservazione di nessun dato sperimentale, sono le stesse conclusioni della scienza sull'embrione umano a fornire «un'indicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da questo primo comparire di una vita umana: come un individuo umano non sarebbe una persona umana?». La realtà dell'essere umano, infatti, per tutto il corso della sua vita, prima e dopo la nascita, non consente di affermare né un cambiamento di natura né una gradualità di valore morale, poiché possiede una piena qualificazione antropologica ed etica. L'embrione umano, quindi, ha fin dall'inizio la dignità propria della persona. 6. Il rispetto di tale dignità compete a ogni essere umano, perché esso porta impressi in sé in maniera indelebile la propria dignità e il proprio valore. L'origine della vita umana, d'altra parte, ha il suo autentico contesto nel matrimonio e nella famiglia, in cui viene generata attraverso un atto che esprime l'amore reciproco tra l'uomo e la donna. Una procreazione veramente responsabile nei confronti del nascituro «deve essere il frutto del matrimonio». Il matrimonio, presente in tutti i tempi e in tutte le culture, «è stato sapientemente e provvidenzialmente istituito da Dio creatore per realizzare nell'umanità il suo disegno di amore. Per mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, gli sposi tendono alla comunione delle loro persone, con la quale si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e all'educazione di nuove vite» . Nella fecondità dell'amore coniugale l'uomo e la donna «rendono evidente che all'origine della loro vita sponsale vi è un "sì" genuino che viene pronunciato e realmente vissuto nella reciprocità, rimanendo sempre aperto alla vita... La legge naturale, che è alla base del riconoscimento della vera uguaglianza tra le persone e i popoli, merita di essere riconosciuta come la fonte a cui ispirare anche il rapporto tra gli sposi nella loro responsabilità nel generare nuovi figli. La trasmissione della vita è iscritta nella natura e le sue leggi permangono come norma non scritta a cui tutti devono richiamarsi». 7. È convinzione della Chiesa che ciò che è umano non solamente è accolto e rispettato dalla fede, ma da essa è anche purificato, innalzato e perfezionato. Dio, dopo aver creato l'uomo a sua immagine e somiglianza (cf. Gn 1, 26), ha qualificato la sua creatura come «molto buona» (Gn 1, 31) per poi assumerla nel Figlio (cf. Gv 1, 14). Il Figlio di Dio nel mistero dell'Incarnazione ha confermato la dignità del corpo e dell'anima costitutivi dell'essere umano. Il Cristo non ha disdegnato la corporeità umana, ma ne ha svelato pienamente il significato e il valore: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo». Divenendo uno di noi, il Figlio fa sì che possiamo diventare «figli di Dio» (Gv 1,12), «partecipi della natura divina» (2 Pt 1, 4). Questa nuova dimensione non contrasta con la dignità della creatura riconoscibile con la ragione da parte di tutti gli uomini, ma la eleva ad un ulteriore orizzonte di vita, che è quella propria di Dio e consente di riflettere più adeguatamente sulla vita umana e sugli atti che la pongono in essere. Alla luce di questi dati di fede, risulta ancor più accentuato e rafforzato il rispetto nei riguardi dell'individuo umano che è richiesto dalla ragione: per questo non c'è contrapposizione tra l'affermazione della dignità e quella della sacralità della vita umana. «I diversi modi secondo cui nella storia Dio ha cura del mondo e dell'uomo, non solo non si escludono tra loro, ma al contrario si sostengono e si compenetrano a vicenda. Tutti scaturiscono e concludono all'eterno disegno sapiente e amoroso con il quale Dio predestina gli uomini "ad essere conformi all'immagine del Figlio suo" (Rm 8, 29)». 8. A partire dall'insieme di queste due dimensioni, l'umana e la divina, si comprende meglio il perché del valore inviolabile dell'uomo: egli possiede una vocazione eterna ed è chiamato a condividere l'amore trinitario del Dio vivente. Questo valore si applica a tutti indistintamente. Per il solo fatto d'esistere, ogni essere umano deve essere pienamente rispettato. Si deve escludere l'introduzione di criteri di discriminazione, quanto alla dignità, in base allo sviluppo biologico, psichico, culturale o allo stato di salute. Nell'uomo, creato ad immagine di Dio, si riflette, in ogni fase della sua esistenza, «il volto del suo Figlio Unigenito... Questo amore sconfinato e quasi incomprensibile di Dio per l'uomo rivela fino a che punto la persona umana sia degna di essere amata in se stessa, indipendentemente da qualsiasi altra considerazione - intelligenza, bellezza, salute, giovinezza, integrità e così via. In definitiva, la vita umana è sempre un bene, poiché "essa è nel mondo manifestazione di Dio, segno della sua presenza, orma della sua gloria" (Evangelium vitae, 34)». 9. Queste due dimensioni di vita, quella naturale e quella soprannaturale, permettono anche di comprendere meglio in quale senso gli atti che consentono all'essere umano di venire all'esistenza, nei quali l'uomo e la donna si donano mutuamente l'uno all'altra, sono un riflesso dell'amore trinitario. «Dio, che è amore e vita, ha inscritto nell'uomo e nella donna la vocazione a una partecipazione speciale al suo mistero di comunione personale e alla sua opera di Creatore e di Padre». Il matrimonio cristiano «affonda le sue radici nella naturale complementarietà che esiste tra l'uomo e la donna, e si alimenta mediante la volontà personale degli sposi di condividere l'intero progetto di vita, ciò che hanno e ciò che sono: perciò tale comunione è il frutto e il segno di una esigenza profondamente umana. Ma in Cristo Signore, Dio assume questa esigenza umana, la conferma, la purifica e la eleva, conducendola a perfezione col sacramento del matrimonio: lo Spirito Santo effuso nella celebrazione sacramentale offre agli sposi cristiani il dono di una comunione nuova d'amore che è immagine viva e reale di quella singolarissima unità, che fa della Chiesa l'indivisibile Corpo mistico del Signore Gesù». 10. La Chiesa, giudicando della valenza etica di taluni risultati delle recenti ricerche della medicina concernenti l'uomo e le sue origini, non interviene nell'ambito proprio della scienza medica come tale, ma richiama tutti gli interessati alla responsabilità etica e sociale del loro operato. Ricorda loro che il valore etico della scienza biomedica si misura con il riferimento sia al rispetto incondizionato dovuto ad ogni essere umano, in tutti i momenti della sua esistenza, sia alla tutela della specificità degli atti personali che trasmettono la vita. L'intervento del Magistero rientra nella sua missione di promuovere la formazione delle coscienze, insegnando autenticamente la verità che è Cristo, e nello stesso tempo dichiarando e confermando autoritativamente i principi dell'ordine morale che scaturiscono dalla stessa natura umana.


SECONDA PARTE: NUOVI PROBLEMI RIGUARDANTI LA PROCREAZIONE

11. Alla luce dei principi sopra ricordati occorre ora prendere in esame alcuni problemi riguardanti la procreazione, emersi e meglio delineatisi negli anni successivi alla pubblicazione dell'Istruzione Donum vitae. Le tecniche di aiuto alla fertilità 12. Per quanto riguarda la cura dell'infertilità, le nuove tecniche mediche devono rispettare tre beni fondamentali: a) il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento fino alla morte naturale; b) l'unità del matrimonio, che comporta il reciproco rispetto del diritto dei coniugi a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro; c) i valori specificamente umani della sessualità, che «esigono che la procreazione di una persona umana debba essere perseguita come il frutto dell'atto coniugale specifico dell'amore tra gli sposi». Le tecniche che si presentano come un aiuto alla procreazione «non sono da rifiutare in quanto artificiali. Come tali esse testimoniano le possibilità dell'arte medica, ma si devono valutare sotto il profilo morale in riferimento alla dignità della persona umana, chiamata a realizzare la vocazione divina al dono dell'amore e al dono della vita». Alla luce di tale criterio sono da escludere tutte le tecniche di fecondazione artificiale eterologa e le tecniche di fecondazione artificiale omologa che sono sostitutive dell'atto coniugale. Sono invece ammissibili le tecniche che si configurano come un aiuto all'atto coniugale e alla sua fecondità. L'Istruzione Donum vitae si esprime così: «Il medico è al servizio delle persone e della procreazione umana: non ha facoltà di disporre né di decidere di esse. L'intervento medico è in questo ambito rispettoso della dignità delle persone, quando mira ad aiutare l'atto coniugale sia per facilitarne il compimento sia per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato normalmente compiuto». E, a proposito dell'inseminazione artificiale omologa, dice: «L'inseminazione artificiale omologa all'interno del matrimonio non può essere ammessa, salvo il caso in cui il mezzo tecnico risulti non sostitutivo dell'atto coniugale, ma si configuri come una facilitazione e un aiuto affinché esso raggiunga il suo scopo naturale». 13. Sono certamente leciti gli interventi che mirano a rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla fertilità naturale, come ad esempio la cura ormonale dell'infertilità di origine gonadica, la cura chirurgica di una endometriosi, la disostruzione delle tube, oppure la restaurazione microchirurgica della pervietà tubarica. Tutte queste tecniche possono essere considerate come autentiche terapie, nella misura in cui, una volta risolto il problema che era all'origine dell'infertilità, la coppia possa porre atti coniugali con un esito procreativo, senza che il medico debba interferire direttamente nell'atto coniugale stesso. Nessuna di queste tecniche sostituisce l'atto coniugale, che unicamente è degno di una procreazione veramente responsabile.Per venire incontro al desiderio di non poche coppie sterili ad avere un figlio, sarebbe inoltre auspicabile incoraggiare, promuovere e facilitare, con opportune misure legislative, la procedura dell'adozione dei numerosi bambini orfani, che hanno bisogno, per il loro adeguato sviluppo umano, di un focolare domestico. C'è da osservare, infine, che meritano un incoraggiamento le ricerche e gli investimenti dedicati alla prevenzione della sterilità. Fecondazione in vitro ed eliminazione volontaria di embrioni 14. Il fatto che la fecondazione in vitro comporti assai frequentemente l'eliminazione volontaria di embrioni è già stato rilevato dall'Istruzione Donum vitae. Alcuni pensavano che ciò fosse dovuto a una tecnica ancora parzialmente imperfetta. L'esperienza successiva ha dimostrato invece che tutte le tecniche di fecondazione in vitro si svolgono di fatto come se l'embrione umano fosse un semplice ammasso di cellule che vengono usate, selezionate e scartate.È vero che circa un terzo delle donne che ricorrono alla procreazione artificiale giunge ad avere un bambino. Occorre tuttavia rilevare che, considerando il rapporto tra il numero totale di embrioni prodotti e di quelli effettivamente nati, il numero di embrioni sacrificati è altissimo. Queste perdite sono accettate dagli specialisti delle tecniche di fecondazione in vitro come prezzo da pagare per ottenere risultati positivi. In realtà è assai preoccupante che la ricerca in questo campo miri principalmente a ottenere migliori risultati in termini di percentuale di bambini nati rispetto alle donne che iniziano il trattamento, ma non sembra avere un effettivo interesse per il diritto alla vita di ogni singolo embrione. 15. Spesso si obietta che tali perdite di embrioni sarebbero il più delle volte preterintenzionali, o avverrebbero addirittura contro la volontà dei genitori e dei medici. Si afferma che si tratterebbe di rischi non molto diversi da quelli connessi al processo naturale della generazione, e che voler comunicare la vita senza correre alcun rischio comporterebbe in pratica astenersi dal trasmetterla. È vero che non tutte le perdite di embrioni nell'ambito della procreazione in vitro hanno lo stesso rapporto con la volontà dei soggetti interessati. Ma è anche vero che in molti casi l'abbandono, la distruzione o le perdite di embrioni sono previsti e voluti. Gli embrioni prodotti in vitro che presentano difetti vengono direttamente scartati. Sono sempre più frequenti i casi in cui coppie non sterili ricorrono alle tecniche di procreazione artificiale con l'unico scopo di poter operare una selezione genetica dei loro figli. È prassi ormai comune in molti Paesi la stimolazione del ciclo femminile per ottenere un alto numero di ovociti, che vengono fecondati. Tra gli embrioni ottenuti un certo numero è trasferito nel grembo materno, e gli altri vengono congelati per eventuali futuri interventi riproduttivi. La finalità del trasferimento multiplo è di assicurare, per quanto possibile, l'impianto di almeno un embrione. Il mezzo impiegato per giungere a questo fine è l'utilizzo di un numero maggiore di embrioni rispetto al figlio desiderato, nella previsione che alcuni vengano perduti e, in ogni caso, si eviti la gravidanza multipla. In questo modo la tecnica del trasferimento multiplo comporta di fatto un trattamento puramente strumentale degli embrioni. Colpisce il fatto che né la comune deontologia professionale né le autorità sanitarie ammetterebbero in nessun altro ambito della medicina una tecnica con un tasso globale così alto di esiti negativi e fatali. Le tecniche di fecondazione in vitro in realtà vengono accettate, perché si presuppone che l'embrione non meriti un pieno rispetto, per il fatto che entra in concorrenza con un desiderio da soddisfare.Questa triste realtà, spesso taciuta, è del tutto deprecabile, in quanto «le varie tecniche di riproduzione artificiale, che sembrerebbero porsi a servizio della vita e che sono praticate non poche volte con questa intenzione, in realtà aprono la porta a nuovi attentati contro la vita». 16. La Chiesa, inoltre, ritiene eticamente inaccettabile la dissociazione della procreazione dal contesto integralmente personale dell'atto coniugale: la procreazione umana è un atto personale della coppia uomo-donna che non sopporta alcun tipo di delega sostitutiva. La pacifica accettazione dell'altissimo tasso di abortività delle tecniche di fecondazione in vitro dimostra eloquentemente che la sostituzione dell'atto coniugale con una procedura tecnica - oltre a non essere conforme al rispetto che si deve alla procreazione, non riducibile alla sola dimensione riproduttiva - contribuisce ad indebolire la consapevolezza del rispetto dovuto ad ogni essere umano. Il riconoscimento di tale rispetto viene invece favorito dall'intimità degli sposi animata dall'amore coniugale. La Chiesa riconosce la legittimità del desiderio di un figlio, e comprende le sofferenze dei coniugi afflitti da problemi di infertilità. Tale desiderio non può però venir anteposto alla dignità di ogni vita umana, fino al punto di assumerne il dominio. Il desiderio di un figlio non può giustificarne la "produzione", così come il desiderio di non avere un figlio già concepito non può giustificarne l'abbandono o la distruzione.In realtà si ha l'impressione che alcuni ricercatori, privi di ogni riferimento etico e consapevoli delle potenzialità insite nel progresso tecnologico, sembrano cedere alla logica dei soli desideri soggettivi e alla pressione economica, tanto forte in questo campo. Di fronte alla strumentalizzazione dell'essere umano allo stadio embrionale, occorre ripetere che «l'amore di Dio non fa differenza fra il neoconcepito ancora nel grembo di sua madre, e il bambino, o il giovane, o l'uomo maturo o l'anziano. Non fa differenza perché in ognuno di essi vede l'impronta della propria immagine e somiglianza... Per questo il Magistero della Chiesa ha costantemente proclamato il carattere sacro e inviolabile di ogni vita umana, dal suo concepimento sino alla sua fine naturale». L'Intra Cytoplasmic Sperm Injection (ICSI) 17. Tra le tecniche recenti di fecondazione artificiale ha progressivamente assunto un particolare rilievo l'Intra Cytoplasmic Sperm Injection. L'ICSI è diventata la tecnica di gran lunga più utilizzata nell'ottica della migliore efficacia, e può superare diverse forme di sterilità maschile.Come la fecondazione in vitro, della quale costituisce una variante, l'ICSI è una tecnica intrinsecamente illecita: essa opera una completa dissociazione tra la procreazione e l'atto coniugale. Infatti anche l'ICSI «è attuata al di fuori del corpo dei coniugi mediante gesti di terze persone la cui competenza e attività tecnica determinano il successo dell'intervento; essa affida la vita e l'identità dell'embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della tecnica sull'origine e sul destino della persona umana. Una siffatta relazione di dominio è in sé contraria alla dignità e all'uguaglianza che dev'essere comune a genitori e figli. Il concepimento in vitro è il risultato dell'azione tecnica che presiede alla fecondazione; essa non è né di fatto ottenuta né positivamente voluta come l'espressione e il frutto di un atto specifico dell'unione coniugale». Il congelamento di embrioni 18. Uno dei metodi adoperati per ottenere il miglioramento del tasso di riuscita delle tecniche di procreazione in vitro è la moltiplicazione del numero dei trattamenti successivi. Per non ripetere i prelievi di ovociti nella donna, si procede a un unico prelievo plurimo di ovociti, seguito dalla crioconservazione di una parte importante degli embrioni ottenuti in vitro, in previsione di un secondo ciclo di trattamento, nel caso di insuccesso del primo, ovvero nel caso in cui i genitori volessero un'altra gravidanza. Talvolta si procede al congelamento anche degli embrioni destinati al primo trasferimento, perché la stimolazione ormonale del ciclo femminile produce degli effetti che consigliano di attendere la normalizzazione delle condizioni fisiologiche prima di procedere al trasferimento degli embrioni nel grembo materno. La crioconservazione è incompatibile con il rispetto dovuto agli embrioni umani: presuppone la loro produzione in vitro; li espone a gravi rischi di morte o di danno per la loro integrità fisica, in quanto un'alta percentuale non sopravvive alla procedura di congelamento e di scongelamento; li priva almeno temporaneamente dell'accoglienza e della gestazione materna; li pone in una situazione suscettibile di ulteriori offese e manipolazioni. La maggior parte degli embrioni non utilizzati rimangono "orfani". I loro genitori non li richiedono, e talvolta se ne perdono le tracce. Ciò spiega l'esistenza di depositi di migliaia e migliaia di embrioni congelati in quasi tutti i Paesi dove si pratica la fecondazione in vitro. 19. Per quanto riguarda il gran numero di embrioni congelati già esistenti si pone la domanda: che fare di loro? Alcuni si pongono tale interrogativo senza coglierne la sostanza etica, motivati unicamente dalla necessità di osservare la legge che impone di svuotare dopo un certo tempo i depositi dei centri di crioconservazione, che poi saranno nuovamente riempiti. Altri sono coscienti, invece, che è stata commessa una grave ingiustizia e si interrogano su come ottemperare al dovere di ripararvi. Sono chiaramente inaccettabili le proposte di usare tali embrioni per la ricerca o di destinarli a usi terapeutici, perché trattano gli embrioni come semplice "materiale biologico" e comportano la loro distruzione. Neppure la proposta di scongelare questi embrioni e, senza riattivarli, usarli per la ricerca come se fossero dei normali cadaveri, è ammissibile. Anche la proposta di metterli a disposizione di coppie infertili, come "terapia dell'infertilità", non è eticamente accettabile a causa delle stesse ragioni che rendono illecita sia la procreazione artificiale eterologa sia ogni forma di maternità surrogata; questa pratica comporterebbe poi diversi altri problemi di tipo medico, psicologico e giuridico.È stata inoltre avanzata la proposta, solo al fine di dare un'opportunità di nascere ad esseri umani altrimenti condannati alla distruzione, di procedere ad una forma di "adozione prenatale". Tale proposta, lodevole nelle intenzioni di rispetto e di difesa della vita umana, presenta tuttavia vari problemi non dissimili da quelli sopra elencati. Occorre costatare, in definitiva, che le migliaia di embrioni in stato di abbandono determinano una situazione di ingiustizia di fatto irreparabile. Perciò Giovanni Paolo II lanciò un «appello alla coscienza dei responsabili del mondo scientifico ed in modo particolare ai medici perché venga fermata la produzione di embrioni umani, tenendo conto che non si intravede una via d'uscita moralmente lecita per il destino umano delle migliaia e migliaia di embrioni "congelati", i quali sono e restano pur sempre titolari dei diritti essenziali e quindi da tutelare giuridicamente come persone umane». Il congelamento di ovociti 20. Per evitare i gravi problemi etici posti dalla crioconservazione di embrioni, è stata avanzata nell'ambito delle tecniche di fecondazione in vitro la proposta di congelare gli ovociti. Una volta che è stato prelevato un numero congruo di ovociti nella previsione di diversi cicli di procreazione artificiale, si prevede di fecondare soltanto gli ovociti che saranno trasferiti nella madre, e gli altri verrebbero congelati per essere eventualmente fecondati e trasferiti in caso di insuccesso del primo tentativo. Al riguardo occorre precisare che la crioconservazione di ovociti in ordine al processo di procreazione artificiale è da considerare moralmente inaccettabile. La riduzione embrionale 21. Alcune tecniche usate nella procreazione artificiale, soprattutto il trasferimento di più embrioni al grembo materno, hanno dato luogo ad un aumento significativo della percentuale di gravidanze multiple. Perciò si è fatta strada l'idea di procedere alla cosiddetta riduzione embrionale. Essa consiste in un intervento per ridurre il numero di embrioni o feti presenti nel seno materno mediante la loro diretta soppressione. La decisione di sopprimere esseri umani, in precedenza fortemente desiderati, rappresenta un paradosso e comporta spesso sofferenza e sentimento di colpa, che possono durare anni. Dal punto di vista etico, la riduzione embrionale è un aborto intenzionale selettivo. Si tratta, infatti, di eliminazione deliberata e diretta di uno o più esseri umani innocenti nella fase iniziale della loro esistenza, e come tale costituisce sempre un disordine morale grave. Le argomentazioni proposte per giustificare eticamente la riduzione embrio-nale si fondano spesso su analogie con catastrofi naturali o situazioni di emergenza nelle quali, malgrado la buona volontà di ciascuno, non è possibile salvare tutte le persone coinvolte. Queste analogie non possono fondare in alcun modo un giudizio morale positivo su una pratica direttamente abortiva. Altre volte ci si richiama a principi morali, come quelli del male minore o del duplice effetto, che qui non sono applicabili. Non è mai lecito, infatti, realizzare un'azione che è intrinsecamente illecita, neppure in vista di un fine buono: il fine non giustifica i mezzi. La diagnosi pre-impiantatoria 22. La diagnosi pre-impiantatoria è una forma di diagnosi prenatale, legata alle tecniche di fecondazione artificiale, che prevede la diagnosi genetica degli embrioni formati in vitro, prima del loro trasferimento nel grembo materno. Essa viene effettuata allo scopo di avere la sicurezza di trasferire nella madre solo embrioni privi di difetti o con un sesso determinato o con certe qualità particolari.Diversamente da altre forme di diagnosi prenatale, dove la fase diagnostica è ben separata dalla fase dell'eventuale eliminazione e nell'ambito della quale le coppie rimangono libere di accogliere il bambino malato, alla diagnosi pre-impian-tatoria segue ordinariamente l'eliminazione dell'embrione designato come "sospetto" di difetti genetici o cromosomici, o portatore di un sesso non voluto o di qualità non desiderate. La diagnosi pre-impiantatoria - sempre connessa con la fecondazione artificiale, già di per sé intrinsecamente illecita - è finalizzata di fatto ad una selezione qualitativa con la conseguente distruzione di embrioni, la quale si configura come una pratica abortiva precoce. La diagnosi pre-impiantatoria è quindi espressione di quella mentalità eugenetica, «che accetta l'aborto selettivo, per impedire la nascita di bambini affetti da vari tipi di anomalie. Una simile mentalità è lesiva della dignità umana e quanto mai riprovevole, perché pretende di misurare il valore di una vita umana soltanto secondo parametri di normalità e di benessere fisico, aprendo così la strada alla legittimazione anche dell'infanticidio e dell'eutanasia». Trattando l'embrione umano come semplice "materiale di laboratorio", si opera un'alterazione e una discriminazione anche per quanto riguarda il concetto stesso di dignità umana. La dignità appartiene ugualmente ad ogni singolo essere umano e non dipende dal progetto parentale, dalla condizione sociale, dalla formazione culturale, dallo stato di sviluppo fisico. Se in altri tempi, pur accettando in generale il concetto e le esigenze della dignità umana, veniva praticata la discriminazione per motivi di razza, religione o condizione sociale, oggi si assiste ad una non meno grave ed ingiusta discriminazione che porta a non riconoscere lo statuto etico e giuridico di esseri umani affetti da gravi patologie e disabilità: si viene così a dimenticare che le persone malate e disabili non sono una specie di categoria a parte perché la malattia e la disabilità appartengono alla condizione umana e riguardano tutti in prima persona, anche quando non se ne fa esperienza diretta. Tale discriminazione è immorale e perciò dovrebbe essere considerata giuridicamente inaccettabile, così come è doveroso eliminare le barriere culturali, economiche e sociali, che minano il pieno riconoscimento e la tutela delle persone disabili e malate. Nuove forme di intercezione e contragestazione 23. Accanto ai mezzi contraccettivi propriamente detti, che impediscono il concepimento a seguito di un atto sessuale, esistono altri mezzi tecnici che agiscono dopo la fecondazione, quando l'embrione è già costituito, prima o dopo l'impianto in utero. Queste tecniche sono intercettive, se intercettano l'embrione prima del suo impianto nell'utero materno, e contragestative, se provocano l'eliminazione dell'embrione appena impiantato. Per favorire la diffusione dei mezzi intercettivi, si afferma talvolta che il loro meccanismo di azione non sarebbe sufficientemente conosciuto. È vero che non sempre si dispone di una conoscenza completa del meccanismo di azione dei diversi farmaci usati, ma gli studi sperimentali dimostrano che l'effetto di impedire l'impianto è certamente presente, anche se questo non significa che gli intercettivi provochino un aborto ogni volta che vengono assunti, anche perché non sempre dopo il rapporto sessuale avviene la fecondazione. Si deve notare, tuttavia, che in colui che vuol impedire l'impianto di un embrione eventualmente concepito, e pertanto chiede o prescrive tali farmaci, l'intenzionalità abortiva è generalmente presente.Quando si constata un ritardo mestruale, si ricorre talora alla contragestazione, che viene praticata abitualmente entro una o due settimane dopo la constatazione del ritardo. Lo scopo dichiarato è quello di far ricomparire la mestruazione, ma in realtà si tratta dell'aborto di un embrione appena annidato.Come si sa, l'aborto «è l'uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita». Pertanto l'uso dei mezzi di intercezione e di contragestazione rientra nel peccato di aborto ed è gravemente immorale. Inoltre, qualora si raggiunga la certezza di aver realizzato l'aborto, secondo il diritto canonico, vi sono delle gravi conseguenze penali.


TERZA PARTE: NUOVE PROPOSTE TERAPEUTICHE CHE COMPORTANO LA MANIPOLAZIONE DELL'EMBRIONE O DEL PATRIMONIO GENETICO UMANO

24. Le conoscenze acquisite negli ultimi anni hanno aperto nuove prospettive per la medicina rigenerativa e per la terapia delle malattie su base genetica. In particolare ha suscitato un grande interesse la ricerca sulle cellule staminali embrionali e sulle possibili applicazioni terapeutiche future, che tuttavia fino ad oggi non hanno trovato riscontro sul piano dei risultati effettivi, a differenza della ricerca sulle cellule staminali adulte. Dal momento che alcuni hanno ritenuto che i traguardi terapeutici eventualmente raggiungibili mediante le cellule staminali embrionali potevano giustificare diverse forme di manipolazione e di distruzione di embrioni umani, è emerso un insieme di questioni nell'ambito della terapia genica, della clonazione e dell'utilizzo di cellule staminali, sulle quali è necessario un attento discernimento morale. La terapia genica 25. Con il termine terapia genica si intende comunemente l'applicazione all'uomo delle tecniche di ingegneria genetica con una finalità terapeutica, vale a dire, con lo scopo di curare malattie su base genetica, anche se recentemente si sta tentando di applicare la terapia genica al trattamento di malattie non ereditarie, ed in particolare al trattamento del cancro. In teoria, è possibile applicare la terapia genica a due livelli: nelle cellule somatiche e nelle cellule germinali. La terapia genica somatica si propone di eliminare o ridurre difetti genetici presenti a livello delle cellule somatiche, cioè delle cellule non riproduttive, che compongono i tessuti e gli organi del corpo. Si tratta, in questo caso, di interventi mirati a determinati distretti cellulari, con effetti confinati nel singolo individuo. La terapia genica germinale mira invece a correggere difetti genetici presenti in cellule della linea germinale, al fine di trasmettere gli effetti terapeutici ottenuti sul soggetto all'eventuale discendenza del medesimo. Tali interventi di terapia genica, sia somatica che germinale, possono essere effettuati sul feto prima della nascita - si parla allora di terapia genica in utero - o dopo la nascita, sul bambino o sull'adulto. 26. Per la valutazione morale occorre tener presenti queste distinzioni. Gli interventi sulle cellule somatiche con finalità strettamente terapeutica sono in linea di principio moralmente leciti. Tali interventi intendono ripristinare la normale configurazione genetica del soggetto oppure contrastare i danni derivanti da anomalie genetiche presenti o da altre patologie correlate. Dato che la terapia genica può comportare rischi significativi per il paziente, bisogna osservare il principio deontologico generale secondo cui, per attuare un intervento terapeutico, è necessario assicurare previamente che il soggetto trattato non sia esposto a rischi per la sua salute o per l'integrità fisica, che siano eccessivi o sproporzionati rispetto alla gravità della patologia che si vuole curare. È anche richiesto il consenso informato del paziente o di un suo legittimo rappresentante.Diversa è la valutazione morale della terapia genica germinale. Qualunque modifica genetica apportata alle cellule germinali di un soggetto sarebbe trasmessa alla sua eventuale discendenza. Poiché i rischi legati ad ogni manipolazione genetica sono significativi e ancora poco controllabili, allo stato attuale della ricerca non è moralmente ammissibile agire in modo che i potenziali danni derivanti si diffondano nella progenie. Nell'ipotesi dell'applicazione della terapia genica sull'embrione, poi, occorre aggiungere che essa necessita di essere attuata in un contesto tecnico di fecondazione in vitro, andando incontro quindi a tutte le obiezioni etiche relative a tali procedure. Per queste ragioni, quindi, si deve affermare che, allo stato attuale, la terapia genica germinale, in tutte le sue forme, è moralmente illecita. 27. Una considerazione specifica merita l'ipotesi di finalità applicative dell'ingegneria genetica diverse da quella terapeutica. Taluni hanno immaginato la possibilità di utilizzare le tecniche di ingegneria genetica per realizzare manipolazioni con presunti fini di miglioramento e potenziamento della dotazione genetica. In alcune di queste proposte si manifesta una sorta di insoddisfazione o persino di rifiuto del valore dell'essere umano come creatura e persona finita. A parte le difficoltà tecniche di realizzazione, con tutti i rischi reali e potenziali connessi, emerge soprattutto il fatto che tali manipolazioni favoriscono una mentalità eugenetica e introducono un indiretto stigma sociale nei confronti di coloro che non possiedono particolari doti e enfatizzano doti apprezzate da determinate culture e società, che non costituiscono di per sé lo specifico umano. Ciò contrasterebbe con la verità fondamentale dell'uguaglianza tra tutti gli esseri umani, che si traduce nel principio di giustizia, la cui violazione, alla lunga, finirebbe per attentare alla convivenza pacifica tra gli individui. Inoltre, ci si chiede chi potrebbe stabilire quali modifiche siano da ritenersi positive e quali no, o quali dovrebbero essere i limiti delle richieste individuali di presunto miglioramento, dal momento che non sarebbe materialmente possibile esaudire i desideri di ciascun singolo uomo. Ogni possibile risposta a questi interrogativi deriverebbe comunque da criteri arbitrari ed opinabili. Tutto ciò porta a concludere che una tale prospettiva d'intervento finirebbe, prima o poi, per nuocere al bene comune, favorendo il prevalere della volontà di alcuni sulla libertà degli altri. Si deve rilevare infine che nel tentativo di creare un nuovo tipo di uomo si ravvisa una dimensione ideologica, secondo cui l'uomo pretende di sostituirsi al Creatore.Nell'affermare la negatività etica di questo tipo di interventi, che implicano un ingiusto dominio dell'uomo sull'uomo, la Chiesa richiama anche la necessità di tornare ad una prospettiva di cura delle persone e di educazione all'accoglienza della vita umana nella sua concreta finitezza storica. La clonazione umana 28. Per clonazione umana si intende la riproduzione asessuale e agamica dell'intero organismo umano, allo scopo di produrre una o più "copie" dal punto di vista genetico sostanzialmente identiche all'unico progenitore. La clonazione viene proposta con due scopi fondamentali: riproduttivo, cioè per ottenere la nascita di un bambino clonato, e terapeutico o di ricerca. La clonazione riproduttiva sarebbe in teoria capace di soddisfare alcune particolari esigenze, quali, ad esempio, il controllo dell'evoluzione umana; la selezione di esseri umani con qualità superiori; la preselezione del sesso del nascituro; la produzione di un figlio che sia la "copia" di un altro; la produzione di un figlio per una coppia affetta da forme di sterilità non altrimenti trattabili. La clonazione terapeutica, invece, è stata proposta come strumento di produzione di cellule staminali embrionali con patrimonio genetico pre-determinato, in modo da superare il problema del rigetto (immunoincompatibilità); essa è dunque collegata con la tematica dell'impiego delle cellule staminali.I tentativi di clonazione hanno suscitato viva preoccupazione nel mondo intero. Diversi organismi a livello nazionale e internazionale hanno espresso valutazioni negative sulla clonazione umana e nella stragrande maggioranza dei Paesi è stata vietata. La clonazione umana è intrinsecamente illecita, in quanto, portando all'estremo la negatività etica delle tecniche di fecondazione artificiale, intende dare origine ad un nuovo essere umano senza connessione con l'atto di reciproca donazione tra due coniugi e, più radicalmente, senza legame alcuno con la sessualità. Tale circostanza dà luogo ad abusi e a manipolazioni gravemente lesive della dignità umana. 29. Qualora la clonazione avesse uno scopo riproduttivo, si imporrebbe al soggetto clonato un patrimonio genetico preordinato, sottoponendolo di fatto - come è stato affermato - ad una forma di schiavitù biologica dalla quale difficilmente potrebbe affrancarsi. Il fatto che una persona si arroghi il diritto di determinare arbitrariamente le caratteristiche genetiche di un'altra persona, rappresenta una grave offesa alla dignità di quest'ultima e all'uguaglianza fondamentale tra gli uomini.Dalla particolare relazione esistente tra Dio e l'uomo fin dal primo momento della esistenza deriva l'originalità di ogni persona, che obbliga a rispettarne la singolarità e l'integrità, inclusa quella biologica e genetica. Ognuno di noi incontra nell'altro un essere umano che deve la propria esistenza e le proprie caratteristiche all'amore di Dio, del quale solo l'amore tra i coniugi costituisce una mediazione conforme al disegno del Creatore e Padre celeste. 30. Ancora più grave dal punto di vista etico è la clonazione cosiddetta terapeutica. Creare embrioni con il proposito di distruggerli, anche se con l'intenzione di aiutare i malati, è del tutto incompatibile con la dignità umana, perché fa dell'esistenza di un essere umano, pur allo stadio embrionale, niente di più che uno strumento da usare e distruggere. È gravemente immorale sacrificare una vita umana per una finalità terapeutica.Le obiezioni etiche, sollevate da più parti contro la clonazione terapeutica e contro l'uso di embrioni umani formati in vitro, hanno spinto alcuni scienziati a proporre nuove tecniche, che vengono presentate come capaci di produrre cellule staminali di tipo embrionale senza presupporre però la distruzione di veri embrioni umani. Queste proposte hanno suscitato non pochi interrogativi scientifici ed etici, riguardanti soprattutto lo statuto ontologico del "prodotto" così ottenuto. Finché non sono chiariti questi dubbi, occorre tenere conto di quanto affermato dall'Enciclica Evangelium vitae: «tale è la posta in gioco che, sotto il profilo dell'obbligo morale, basterebbe la sola probabilità di trovarsi di fronte ad una persona per giustificare la più netta proibizione di ogni intervento volto a sopprimere l'embrione umano». L'uso terapeutico delle cellule staminali 31. Le cellule staminali sono cellule indifferenziate che possiedono due caratteristiche fondamentali: a) la capacità prolungata di moltiplicarsi senza differenziarsi; b) la capacità di dare origine a cellule progenitrici di transito, dalle quali discendono cellule altamente differenziate, per esempio, nervose, muscolari, ematiche. Da quando si è verificato sperimentalmente che le cellule staminali, se trapiantate in un tessuto danneggiato, tendono a favorire la ripopolazione di cellule e la rigenerazione di tale tessuto, si sono aperte nuove prospettive per la medicina rigenerativa, che hanno suscitato grande interesse tra i ricercatori di tutto il mondo.Nell'uomo, le fonti di cellule staminali finora individuate sono: l'embrione nei primi stadi del suo sviluppo, il feto, il sangue del cordone ombelicale, vari tessuti dell'adulto (midollo osseo, cordone ombelicale, cervello, mesenchima di vari organi, ecc.) e il liquido amniotico. Inizialmente, gli studi si sono concentrati sulle cellule staminali embrionali, poiché si riteneva che solo queste possedessero grandi potenzialità di moltiplicazione e di differenziazione. Numerosi studi, però, dimostrano che anche le cellule staminali adulte presentano una loro versatilità. Anche se tali cellule non sembrano avere la medesima capacità di rinnovamento e la stessa plasticità delle cellule staminali di origine embrionale, tuttavia studi e sperimentazioni di alto livello scientifico tendono ad accreditare a queste cellule dei risultati più positivi se confrontati con quelle embrionali. I protocolli terapeutici attualmente praticati prevedono l'uso di cellule staminali adulte e sono al riguardo state avviate molte linee di ricerca, che aprono nuovi e promettenti orizzonti. 32. Per la valutazione etica occorre considerare sia i metodi di prelievo delle cellule staminali sia i rischi del loro uso clinico o sperimentale. Per ciò che concerne i metodi impiegati per la raccolta delle cellule staminali, essi vanno considerati in rapporto alla loro origine. Sono da considerarsi lecite quelle metodiche che non procurano un grave danno al soggetto da cui si estraggono le cellule staminali. Tale condizione si verifica, generalmente, nel caso di prelievo: a) dai tessuti di un organismo adulto; b) dal sangue del cordone ombelicale, al momento del parto; c) dai tessuti di feti morti di morte naturale. Il prelievo di cellule staminali dall'embrione umano vivente, al contrario, causa inevitabilmente la sua distruzione, risultando di conseguenza gravemente illecito. In questo caso «la ricerca, a prescindere dai risultati di utilità terapeutica, non si pone veramente a servizio dell'umanità. Passa infatti attraverso la soppressione di vite umane che hanno uguale dignità rispetto agli altri individui umani e agli stessi ricercatori. La storia stessa ha condannato nel passato e condannerà in futuro una tale scienza, non solo perché priva della luce di Dio, ma anche perché priva di umanità». L'utilizzo di cellule staminali embrionali, o cellule differenziate da esse derivate, eventualmente fornite da altri ricercatori, sopprimendo embrioni, o reperibili in commercio, pone seri problemi dal punto di vista della cooperazione al male e dello scandalo. Per quanto riguarda l'uso clinico di cellule staminali ottenute mediante procedure lecite non ci sono obiezioni morali. Vanno tuttavia rispettati i comuni criteri di deontologia medica. Al riguardo occorre procedere con grande rigore e prudenza, riducendo al minimo gli eventuali rischi per i pazienti, facilitando il confronto degli scienziati tra di loro e offrendo un'informazione completa al grande pubblico. È da incoraggiare l'impulso e il sostegno alla ricerca riguardante l'impiego delle cellule staminali adulte, in quanto non comporta problemi etici. Tentativi di ibridazione 33. Recentemente sono stati utilizzati ovociti animali per la riprogrammazione di nuclei di cellule somatiche umane - generalmente chiamata clonazione ibrida - , al fine di estrarre cellule staminali embrionali dai risultanti embrioni, senza dover ricorrere all'uso di ovociti umani. Dal punto di vista etico simili procedure rappresentano una offesa alla dignità dell'essere umano, a causa della mescolanza di elementi genetici umani ed animali capaci di turbare l'identità specifica dell'uomo. L'eventuale uso delle cellule staminali, estratte da tali embrioni, comporterebbe inoltre dei rischi sanitari aggiuntivi, ancora del tutto sconosciuti, per la presenza di materiale genetico animale nel loro citoplasma. Esporre consapevolmente un essere umano a questi rischi è moralmente e deontologicamente inaccettabile. L'uso di "materiale biologico" umano di origine illecita 35. Una fattispecie diversa viene a configurarsi quando i ricercatori impiegano "materiale biologico" di origine illecita che è stato prodotto fuori dal loro centro di ricerca o che si trova in commercio. L'Istruzione Donum vitae ha formulato il principio generale che in questi casi deve essere osservato: «I cadaveri di embrioni o feti umani, volontariamente abortiti o non, devono essere rispettati come le spoglie degli altri esseri umani. In particolare non possono essere oggetto di mutilazioni o autopsie se la loro morte non è stata accertata e senza il consenso dei genitori o della madre. Inoltre va sempre fatta salva l'esigenza morale che non vi sia stata complicità alcuna con l'aborto volontario e che sia evitato il pericolo di scandalo». A tale proposito è insufficiente il criterio dell'indipendenza formulato da alcuni comitati etici, vale a dire, affermare che sarebbe eticamente lecito l'utilizzo di "materiale biologico" di illecita provenienza, sempre che esista una chiara separazione tra coloro che da una parte producono, congelano e fanno morire gli embrioni e dall'altra i ricercatori che sviluppano la sperimentazione scientifica. Il criterio di indipendenza non basta a evitare una contraddizione nell'atteggiamento di chi afferma di non approvare l'ingiustizia commessa da altri, ma nel contempo accetta per il proprio lavoro il "materiale biologico" che altri ottengono mediante tale ingiustizia. Quando l'illecito è avallato dalle leggi che regolano il sistema sanitario e scientifico, occorre prendere le distanze dagli aspetti iniqui di tale sistema, per non dare l'impressione di una certa tolleranza o accettazione tacita di azioni gravemente ingiuste. Ciò infatti contribuirebbe a aumentare l'indifferenza, se non il favore con cui queste azioni sono viste in alcuni ambienti medici e politici. Talvolta si obietta che le considerazioni precedenti sembrano presupporre che i ricercatori di buona coscienza avrebbero il dovere di opporsi attivamente a tutte le azioni illecite realizzate in ambito medico, allargando così la loro responsabilità etica in modo eccessivo. Il dovere di evitare la cooperazione al male e lo scandalo, in realtà, riguarda la loro attività professionale ordinaria, che devono impostare rettamente e mediante la quale devono testimoniare il valore della vita, opponendosi anche alle leggi gravemente ingiuste. Va pertanto precisato che il dovere di rifiutare quel "materiale biologico" - anche in assenza di una qualche connessione prossima dei ricercatori con le azioni dei tecnici della procreazione artificiale o con quella di quanti hanno procurato l'aborto, e in assenza di un previo accordo con i centri di procreazione artificiale - scaturisce dal dovere di separarsi, nell'esercizio della propria attività di ricerca, da un quadro legislativo gravemente ingiusto e di affermare con chiarezza il valore della vita umana. Perciò il sopra citato criterio di indipendenza è necessario, ma può essere eticamente insufficiente.Naturalmente all'interno di questo quadro generale esistono responsabilità differenziate, e ragioni gravi potrebbero essere moralmente proporzionate per giustificare l'utilizzo del suddetto "materiale biologico". Così, per esempio, il pericolo per la salute dei bambini può autorizzare i loro genitori a utilizzare un vaccino nella cui preparazione sono state utilizzate linee cellulari di origine illecita, fermo restando il dovere da parte di tutti di manifestare il proprio disaccordo al riguardo e di chiedere che i sistemi sanitari mettano a disposizione altri tipi di vaccini. D'altra parte, occorre tener presente che nelle imprese che utilizzano linee cellulari di origine illecita non è identica la responsabilità di coloro che decidono dell'orientamento della produzione rispetto a coloro che non hanno alcun potere di decisione. Nel contesto della urgente mobilitazione delle coscienze in favore della vita, occorre ricordare agli operatori sanitari che «la loro responsabilità è oggi enormemente accresciuta e trova la sua ispirazione più profonda e il suo sostegno più forte proprio nell'intrinseca e imprescindibile dimensione etica della professione sanitaria, come già riconosceva l'antico e sempre attuale giuramento di Ippocrate, secondo il quale ad ogni medico è chiesto di impegnarsi per il rispetto assoluto della vita umana e della sua sacralità».


CONCLUSIONE

36. L'insegnamento morale della Chiesa è stato talvolta accusato di contenere troppi divieti. In realtà esso è fondato sul riconoscimento e sulla promozione di tutti i doni che il Creatore ha concesso all'uomo, come la vita, la conoscenza, la libertà e l'amore. Un particolare apprezzamento meritano perciò non soltanto le attività conoscitive dell'uomo, ma anche quelle pratiche, come il lavoro e l'attività tecnologica. Con queste ultime, infatti, l'uomo, partecipe del potere creatore di Dio, è chiamato a trasformare il creato, ordinandone le molteplici risorse in favore della dignità e del benessere di tutti gli uomini e di tutto l'uomo, e ad esserne anche il custode del valore e dell'intrinseca bellezza.Ma la storia dell'umanità è testimone di come l'uomo abbia abusato, e abusi ancora, del potere e delle capacità che gli sono state affidate da Dio, dando luogo a diverse forme di ingiusta discriminazione e di oppressione nei confronti dei più deboli e dei più indifesi. I quotidiani attentati contro la vita umana; l'esistenza di grandi aree di povertà nelle quali gli uomini muoiono di fame e di malattia, esclusi dalle risorse conoscitive e pratiche di cui invece dispongono in sovrabbondanza molti Paesi; uno sviluppo tecnologico ed industriale che sta creando il concreto rischio di un crollo dell'ecosistema; l'uso delle ricerche scientifiche nell'ambito della fisica, della chimica e della biologia per scopi bellici; le numerose guerre che ancor oggi dividono popoli e culture, sono, purtroppo, soltanto alcuni segni eloquenti di come l'uomo possa fare un cattivo uso delle sue capacità e diventare il peggior nemico di se stesso, perdendo la consapevolezza della sua alta e specifica vocazione di essere collaboratore dell'opera creatrice di Dio. Parallelamente la storia dell'umanità manifesta un reale progresso nella comprensione e nel riconoscimento del valore e della dignità di ogni persona, fondamento dei diritti e degli imperativi etici con cui si è cercato e si cerca di costruire la società umana. Proprio in nome della promozione della dignità umana si è, perciò, vietato ogni comportamento ed ogni stile di vita che risultava lesivo di tale dignità. Così, per esempio, i divieti, giuridico-politici e non solo etici, nei confronti delle varie forme di razzismo e di schiavitù, delle ingiuste discriminazioni ed emarginazioni delle donne, dei bambini, delle persone malate o con gravi disabilità, sono testimonianza evidente del riconoscimento del valore inalienabile e dell'intrinseca dignità di ogni essere umano e segno di un progresso autentico che percorre la storia dell'umanità. In altri termini, la legittimità di ogni divieto si fonda sulla necessità di tutelare un autentico bene morale. 37. Se il progresso umano e sociale si è inizialmente caratterizzato soprattutto attraverso lo sviluppo dell'industria e della produzione dei beni di consumo, oggi si qualifica per lo sviluppo dell'informatica, delle ricerche nel campo della genetica, della medicina e delle biotecnologie applicate anche all'uomo, settori di grande importanza per il futuro dell'umanità nei quali, però, si verificano anche evidenti e inaccettabili abusi. «Come un secolo fa ad essere oppressa nei suoi fondamentali diritti era la classe operaia, e la Chiesa con grande coraggio ne prese le difese, proclamando i sacrosanti diritti della persona del lavoratore, così ora, quando un'altra categoria di persone è oppressa nel diritto fondamentale alla vita, la Chiesa sente di dover dare voce con immutato coraggio a chi non ha voce. Il suo è sempre il grido evangelico in difesa dei poveri del mondo, di quanti sono minacciati, disprezzati e oppressi nei loro diritti umani». In virtù della missione dottrinale e pastorale della Chiesa, la Congregazione per la Dottrina della Fede si è sentita in dovere di riaffermare la dignità e i diritti fondamentali e inalienabili di ogni singolo essere umano, anche negli stadi iniziali della sua esistenza, e di esplicitare le esigenze di tutela e di rispetto che il riconoscimento di tale dignità a tutti richiede.L'adempimento di questo dovere implica il coraggio di opporsi a tutte quelle pratiche che determinano una grave e ingiusta discriminazione nei confronti degli esseri umani non ancora nati, che hanno la dignità di persona, creati anch'essi ad immagine di Dio. Dietro ogni "no" rifulge, nella fatica del discernimento tra il bene e il male, un grande "sì" al riconoscimento della dignità e del valore inalienabili di ogni singolo ed irripetibile essere umano chiamato all'esistenza. I fedeli si impegneranno con forza a promuovere una nuova cultura della vita, accogliendo i contenuti di questa Istruzione con l'assenso religioso del loro spirito, sapendo che Dio offre sempre la grazia necessaria per osservare i suoi comandamenti e che in ogni essere umano, soprattutto nei più piccoli, si incontra Cristo stesso (cf. Mt 25, 40). Anche tutti gli uomini di buona volontà, in particolare i medici e i ricercatori aperti al confronto e desiderosi di raggiungere la verità, sapranno comprendere e condividere questi principi e valutazioni, volti alla tutela della fragile condizione dell'essere umano nei suoi stadi iniziali di vita e alla promozione di una civiltà più umana.