sabato 30 giugno 2007

Intervista a Leo Pergamo, Responsabile Nazionale

Ormai siamo alle ultime battute per le iscrizioni al Quarenghi...scadrebbero oggi, ma per i più ritardatari è concesso un piccolo strappo alla regola e si potrebbe chiudere un occhio per 2 o 3 giorni in più.
Intanto faccio un ultimo sforzo di convincimento e vi propongo l'intervista al nostro responsabile nazionale Leo Pergamo.


“Life Happening 2007” dei Giovani del Movimento per la Vita


ROMA, giovedì, 21 giugno 2007 (ZENIT.org).


Si svolgerà dal 28 luglio al 4 agosto, a Roseto degli Abruzzi, il “Life Happening 2007” dei Giovani del Movimento per la Vita. Si tratta di un appuntamento annuale che il Movimento per la Vita offre a tutti i giovani, con lo scopo di scoprire, approfondire, dibattere, cantare e testimoniare le ragioni del “sì alla vita”.
Il tema di quest’anno è “Muovi la Vita”, legato strettamente alla missione “chi salva una vita salva il mondo intero”, con l’obiettivo di rilanciare e sottolineare il compito di promuovere i diritti umani partendo dalla difesa e sostegno della famiglia, aiutando le mamme ed i papà a far crescere i bambini e le bambine e alimentando una cultura di speranza, di verità e carità. http://www.mpv.org/a_ITA_20053_1.html



Intervistato da ZENIT, Leo Pergamo, responsabile nazionale dei Giovani del Movimento per la Vita (MpV) ha affermato “Non siamo eroi, però siamo eroici perché desideriamo che ogni uomo possa vivere in un mondo umano! Noi giovani per la Vita collaboriamo a scrivere pagine di speranza per l’Umanità! Ti aspettiamo per una vacanza che ti cambia davvero la Vita!”.



Quali sono le motivazioni con le quali lei cercherebbe di convincere un giovane a venire al “Life Happening” di quest'anno?
Le ragioni sono tante: otto giorni di mare e montagna, amicizia e divertimento in una location accogliente, giovani provenienti da tutta Italia, un costo molto contenuto, un corso di formazione ricchissimo circa i temi dell'affettività, dell'ecologia, del disagio giovanile, della bioetica e della biopolitica. Non mancheranno gli incontri con dei testimoni: l'on. Carlo Casini, da sempre sul fronte della vita; il dott. Carrisi che ci aiuterà a comprendere il dramma dei bambini-soldato; i coniugi Scarlatella dell'Associazione la Quercia Millenaria, che ci parleranno del dono rappresentato dalla loro bimba. Inoltre saranno con noi l'on. L. Santolini e l’on. P. Toia, che ci aiuteranno a capire quali sono le politiche, su vita e famiglia, in atto a livello nazionale ed europeo. Insomma, il Life Happening è un'occasione per scoprire che il sì alla Vita è la ragione unificante e ultima della polis, al di là di ogni ideologia, interesse e potere. Come giovani amanti della vita avvertiamo l'urgenza di una vera promozione dei diritti umani, a partire dal più debole come il bambino concepito. Nello stesso tempo vogliamo riaffermare la nostra fiducia nell'uomo, cuore della pace, e nella scienza, sempre alleata della vita.
L'invito a partecipare è: per i giovani di altre associazioni laiche o realtà ecclesiali affinché possano approfondire le tematiche illustrate; per i giovani che ancora sono in ricerca e che desiderano confrontarsi circa problematiche cosi decisive per il futuro dell'umanità. Infine per i genitori, perché possono proporre ai propri figli questa palestra di futuro e di amore per la vita che è il Life Happening. Quanto mai attuale è il suggerimento di Antoine de Sainte – Exupery: "Se vuoi costruire una nave non chiamare a raccolta gli uomini per procurare la legna e distribuire i compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito".



Che cosa si intende per Mission del MpV? E quali sono le attività che proponete a coloro che condividono la battaglia per la difesa della vita e della famiglia?
Il Movimento per la Vita è il tentativo di comprendere con la ragione ciò che il cuore già intuisce: la vita di ogni uomo è un dono. Per tali motivi organizziamo tante iniziative per diffondere la cultura della Vita: raccolte di fondi e di generi di prima necessità per le mamme e i neonati accolti dai Centri di Aiuto alla Vita; settimane di formazione e vacanza, come il 24° Life Happening; campagne di sensibilizzazione circa i temi della vita e della famiglia, concerti di beneficenza e concorsi per ragazzi. Con molta passione e competenza i giovani del Movimento si sono spesi per la campagna referendaria circa la legge 40 e per il Family Day.



Attualmente in Europa si ha un aborto ogni 25 secondi e i sostenitori dell'interruzione volontaria di gravidanza affermano che si tratta di un progresso, un atto di libertà e di emancipazione delle donne. Qual è il suo parere in proposito?
Penso che a tutti noi tocca davvero un grande compito: ricostruire sulle solide fondamenta dei diritti umani, un'Europa e un mondo che ha perso la bussola. Infatti i paladini dell'aborto libero, non solo tradiscono la ragione negando l'umanità del concepito o la rilevanza del diritto alla vita di ogni essere umano, ma hanno in poco conto anche il dolore e la solitudine delle mamme che ogni 25 secondi vivono il dramma enorme di perdere il proprio figlio. Sa quante donne dopo un aborto, invece che sentirsi libere ed emancipate, si rivolgono in cerca di sostegno ai nostri Centri di Aiuto alla Vita, oppure cercano conforto telefonando al numero verde S.O.S. Vita (800.81.3000)? Quale progresso c'è in una società che non ha cura dei suoi figli, delle mamme e dei papà? L'unica risposta a tale dramma e a tanto dolore è far nostro l'invito del grande Giovanni Paolo II: “Urgono una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico, per mettere in atto una grande strategia a favore della vita. Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita” (E.V., n. 95).Il tema del 24° Life Happening “Vittoria Quarenghi” è “Muovi la Vita”.



Cosa intendete dire?
È un invito che facciamo a tutti e a ciascuno, affinché ogni giovane si senta interpellato in prima persona per costruire la Civiltà dell'Amore. È la vita, una sfida affascinante che necessita delle intelligenze e della passione di chiunque abbia a cuore il futuro dell'uomo e di tutto l'uomo, dal concepimento alla morte naturale.

venerdì 22 giugno 2007

I nostri Quarenghi

Il mio primo Quarenghi fu a Collevalenza, vicino a Todi. Avevo vinto in inverno il concorso scolastico e ad ottobre sarei andato a Strasburgo, durante la premiazione mi dettero il depliant del Quarenghi ed io mi misi a cercare qualcuno che partisse con me. Dopo che i miei amici più vicini mi dissero di no, non so come, ma pensai subito ad un ragazzotto alto, secco, nero ed un po' pallido, che avevo conosciuto ad un campo scuola al mare. Non abitavamo nella stessa città e dunque non ci eravamo mai frequentati, ma la mia sana e perversa abitudine di dividere sommariamente le persone tra giuste e sbagliate dopo due parole e uno sguardo, mi condusse spontaneamente a lui. Avevamo tutti e due 16 anni ed il bisogno fisico di ridere di tutto. Ridere di noi e degli altri, delle angosce e delle frenesie dell'adolescenza, ridere delle idee che lentamente affioravano dalle nostre menti confuse e determinate, ridere inconsapevoli della nostra incoscienza, pensando che il mondo, come noi, avesse un futuro infinito e se oggi era malato domani sarebbe passato qualcuno e l'avrebbe guarito. Fu una bellissima estate, forse l'ultima della mia infanzia. Da allora in poi non ho più sentito che l'eco di quelle giornate, di quella voglia di scorticarmi i ginocchi, di tornare sudato e polveroso da interminabili partite di pallone, di fare il buffone senza nessuna vergogna. E quest'indefinibile scollinamento tra l'infanzia e la maturità penso di averlo attraversato con quello che allora credevo forse un compagno e che col tempo ho imparato a sentire fratello. Oggi, così uguali e così diversi da 8 anni fa, siamo davvero fratelli e se anche talvolta sono passate settimane senza vedersi, posso dire di aver condiviso tutto con lui: i valori, le idee, i turbamenti dell'età, le avventure, le sofferenze. Tutti i gradi di iniziazione a questa vita. Con affetto, con stima e con infinita gratitudine.

Sabato 30 terminano le iscrizioni al Quarenghi. Questa è la migliore delle presentazioni che potessi fare.

Andrea

P.s. Non ho presentato questo ragazzotto alto, secco, nero ed un po' pallido. Lascio che lo faccia da solo.


Caro Andrea e cari giovani toscani, lieto di avervi incontrati, alcuni di voi a Roma per il Family Day; ho letto con piacere il vostro blog. Bravi! Mi inviti a dir qualcosa del Quarenghi? Va bene, ti dirò qualcosa. E' l'appuntamento più divertente dell'anno del MpV, è il momento di confronto più intenso, quello più coinvolgente, è il momento in cui si riesce a far cultura e vacanza contemporaneamente, è incontrare persone nuove e vecchi amici... è bello! Non ricordo una volta (e ormai per me è un decennio!) che non ci sia stato un momento in cui mi son detto: "ah, però! Non ci avevo pensato a questa cosa..." Capire e difendere i valori della Vita richiede, secondo me, dialogo, scambio di idee e confronto. Tra relatori, sempre di primo livello, e compagni d'avventura, le possibilità di mettere in moto cervello e cuore non mancano! E poi... ragazzi... il mare! E' da un po' che stiamo girando i posti più belli della nostra Italia e credo che anche Roseto non ci deluderà! Allora... insomma... se vi piace l'idea di mettersi un po' in gioco e di fare una settimana "alternativa", il Life Happening è il posto giusto! Ciao!

Emanuele (MPV Napoli)

Dopo aver frequentato un luogo per cinque anni, si dovrebbe comprenderne l'essenza e il valore, a meno che uno non sia distratto. Immaginate, allora, un raduno di giovani di varie età provenienti da tutta Italia che vivono una settimana di vacanza estiva, ogni anno in una località italiana differente. Direte:"Vabbè fino a qui....". Infatti se fosse solo questo, sarei io il primo a consigliarvi qualcos'altro. Ma ciò che veramente dà quel tocco in più al Quarenghi, è..............la Vita! Oggi la maggior parte di noi giovani, quando si riunisce con i suoi coetanei, è portata più al pensiero: "spero di divertirmi", che non: "voglio stare insieme agli altri in nome di Qualcosa di Più". Ditemi voi se ci può essere Qualcosa di Più del ritrovarsi insieme per la Vita! Quindi? Ora sapete quello che c'era da sapere!

P.S.: Comunque il ragazzotto alto, secco, nero e un pò pallido sarei io.... Anche se ultimamente qualche chiletto l'ho preso.

Francesco (MPV Firenze)

domenica 17 giugno 2007

Errori Radicali

Poco tempo prima del referendum del 2005 sull’aborto, mi venne in mente di commentare l’evento, creando alcuni dialoghi impossibili fra i diretti interessati (Capezzone, Pannella, il Papa), e qualche “altro personaggio”. La cosa, nata in maniera scherzosa, si è rivelata inaspettatamente foriera di buoni risultati per la campagna referendaria. Non aggiungo altro, capirete perché...
P.S: Se volete ingrandire l'immagine, basta cliccarci sopra con il tasto sinistro del mouse una volta. Buona visione...
Francesco Travisi

"ERRORI RADICALI"

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venerdì 8 giugno 2007

EUGENETICA, Manifesto della Vita?

Eugenica - eugenetica
Corrente di pensiero e di opinione secondo cui è possibile intervenire scientificamente sulla generazione naturale degli esseri viventi per favorire la proliferazione di individui ritenuti migliori in quanto portatori di caratteristiche biologiche considerate positive e apprezzabili (eugenetica positiva), reprimendo la nascita di individui privi di queste caratteristiche o portatori di tratti biologici ritenuti indesiderabili o "nocivi" (eugenetica negativa
).

Notate qualcosa di strano?... Beh, credo proprio di sì!

Eugenetica = Buona vita, buona nascita.... D'accordo!

Ma le domande nascono spontanee...

1) BUONA VITA RISPETTO A CHI?

O meglio

2) BUONA NASCITA IN FUNZIONE DI QUALE VITA FUTURA?
Il parere di una persona, in quanto parere, spesso non coglie la verità delle cose, bensì i "gusti" di chi lo esprime. La parola parere non contempla necessariamente la parola essere. E qui sta il punto. Oggi, la società delle informazioni, propone una quantità sterminata di PARERI, atti a confondere la persona che li ascolta... Analizzando la definizione precedente di Eugenetica, notiamo subito che ad alcuni "pare" possano esistere "individui portatori di caratteristiche indesiderabili e NOCIVE". Uno potrebbe pensare: "Persone con queste caratteristiche saranno i pedofili, gli assassini, gli usurai, i mafiosi, i vandali e chiunque arrechi reale disturbo alla società...."

Invece questi esecrabili individui sarebbero certi embrioni... Certo! Come no!


Per non togliere spazio a chi sa veramente scrivere, voglio proporvi a questo proposito, un articolo apparso su Il Foglio lo scorso 7 febbraio, dove Carlo Bellieni, membro della Pontificia accademia della vita, parla delle realtà sull'eugenetica in Europa e a quali compromessi ignobili dovrebbe scendere la medicina in futuro. Leggete attentamente e ditemi poi chi sono

gli individui portatori di caratteristiche INDESIDERABILI e NOCIVE.

Francesco Travisi


Giulio Meotti, da il Foglio, 7 febbraio 2007

Il neonatologo Carlo Bellieni, membro corrispondente della Pontificia accademia della vita, denuncia l’abisso che passa fra la diagnosi prenatale non invasiva e quella che scivola nell’eugenetica, come ha spiegato in un’intervista al Monde il decano dei bioeticisti francese, Didier Sicard. “La prima serve a curare, la seconda a selezionare” ci dice Bellieni. “Nel 2005 la rivista Trends in Biotechnology ha pubblicato un articolo in cui si spiegava lo spettro della diagnosi prenatale selettiva in Francia. E due giorni fa sul sito della Bbc si parlava dell’eccesso di ecografie in Inghilterra. E’ in corso un allarme mondiale sulla pervasività subliminale della selezione prenatale. E molti si domandano se questo c’entra col fatto che le donne italiane eseguono in media sei ecografie in gravidanza, più del doppio di quelle previste dalle linee guida. Senza considerare il numero altissimo di amniocentesi con i loro possibili rischi. E’ così vasto il fenomeno dell’ingerenza nei segreti del feto per fini che non sono nell’interesse del feto stesso, che nel 1989 l’Organizzazione mondiale della sanità ha tracciato le linee per una tutela della privacy prenatale”. Il fenomeno corre su un doppio binario. “Da un lato la paura dei medici per le ritorsioni giudiziarie. Nel 2000 in Francia scioperarono i radiografisti dopo la denuncia di un disabile per esser nato malato dato che per la mancata diagnosi non era stato possibile abortire. Dall’altro lato si sta imponendo l’idea del ‘bambino perfetto’. La perfezione come mito della società postmoderna, secondo il Journal of Medical Ethics, sta alla base dell’eugenetica prenatale. Sicard parla del fatto che se la madre ritiene che una certa patologia costituisca un danno per la sua salute, allora acquista automaticamente il diritto di interrompere la gravidanza. Secondo Bellieni nella diagnostica prenatale selettiva si muove una sorta di “handifobia”: “Una fobia vera e propria verso l’evento duro e difficile della malattia, del figlio malato, che rapidamente, invece di generare affetto e solidarietà genera fuga e rimozione. Ma la dignità umana non si basa sul numero dei cromosomi. Ogni genitore con figli disabili è allarmato da questa selezione pervasiva alla nascita. Il genitore può decidere di fermare la vita del neonato se il bambino sarà affetto da nanismo o sarà troppo alto come Abramo Lincoln, affetto da sindrome di Marfan. O se si scopre che sarà sterile. Stiamo assistendo alla giustificazione della selezione sulla base addirittura di ‘anomalie dentarie’ del concepito o anche della caratteristica di una predisposizione per la musica”. Veniamo alla diagnosi preimpianto, su cui il professor Sicard ha gettato l’accusa di essere strumento eugenico. “Siamo di fronte non a una diagnosi fatta per curare, ma per eliminare gli embrioni malati. Il dibattito si sta oggi ponendo non sul fatto se sia eticamente giusto selezionare degli embrioni, ma su quali bisogna selezionare. C’è chi argomenta che è corretto permettere l’accesso alla diagnosi preimpianto solo per malattie ad alta gravità, altrimenti si rischia di cadere nel consumismo procreativo e altri spiegano che invece così facendo si ledono la dignità dei malati di quelle malattie, come la spina bifida, che si sentirebbero così considerati portatori di una vita ‘non degna'. Persino l’accesso alla selezione del sesso non dovrebbe essere vietata: “L’importante, spiegano, è che il sesso del nascituro venga scelto per ‘bilanciare’ il sesso dei figli preesistenti, e non per scegliere il sesso del primo figlio”. Si impone dunque, attraverso un neologismo terribile, quella che è stata definita la generazione di sopravvissuti: “Il bambino parte con il peso di chi sa che la norma è concepire per soddisfare un bisogno. E di chi sa che se non fosse stato ‘adatto’, sarebbe forse stato ‘respinto’ prima di nascere”. Uno sconsolato Pierre Maroteaux, il maggior studioso mondiale di nanismo, nel suo j’accuse si domandava se “i soggetti di bassa statura hanno ancora diritto di vivere”.

venerdì 1 giugno 2007

Sex Crimes and the Vatican. La Verità

Tre articoli per capire la VERITA' sul documentario della BBC Sex Crimes and the Vatican, mandato in onda giovedì scorso dal compagno Santoro. Non ha molto a che vedere con i nostri temi, ma è assai significativo del modo di fare informazione più diffuso tra i mass-media: raccontare impunemente menzogne e falsità.

Leggeteli, mi raccomando, sono articoli davvero rivelatori.






Il documentario sui preti pedofili: tante bugie sul caso O'Grady


di Massimo Introvigne


Chi ha visto su Internet o vedrà in televisione il documentario Sex Crimes and the Vatican tratto dal programma Panorama della BBC rimarrà senz’altro colpito dalla sinistra figura dell’ex prete Oliver O’Grady. Il documentario si apre o si chiude con l’ex sacerdote irlandese, che ha vissuto negli Stati Uniti dal 1971 al 2000, ripreso mentre descrive in termini piuttosto espliciti come adescava le sue vittime e quali tipi di ragazzini gli piacevano. Queste riprese sono un pugno nello stomaco: ma sono, a loro modo, anch’esse una bugia.
Non si tratta infatti di uno scoop della BBC ma di sequenze tratte dal film del 2006 Deliver Us from Evil (“Liberaci dal male”) della regista Amy Berg. Un film tecnicamente ben fatto, che ha ricevuto perfino una nomination per l’Oscar, ma dove il ruolo di O’Grady ha sollevato molte perplessità fra i sociologi e i criminologi che studiano i casi di pedofilia di cui sono stati protagonisti sacerdoti. Infatti la collaborazione di O’Grady con Amy Berg non è stata gratuita. È la conseguenza di un accordo con gli avvocati delle sue vittime che – dopo che O’Grady era stato condannato nel 1993 a quattordici anni di reclusione – hanno citato per danni in sede civile la diocesi americana di Stockton, ottenendo trenta milioni di dollari ridotti poi a sette in secondo grado. Gli avvocati che attaccano le diocesi per responsabilità oggettiva di solito lavorano secondo il principio della contingency, il che significa che una buona parte delle somme finisce nelle loro tasche, secondo accordi che per di più sono tenuti nascosti alla stampa. O’Grady si è prestato alle video-interviste degli avvocati – e di Amy Berg – e in cambio essi non si sono opposti al suo rilascio dal carcere dopo sette anni, accompagnato dall’espulsione dagli Stati Uniti verso la natia Irlanda, dove oggi il pedofilo è un uomo libero. Molti hanno criticato la Berg per avere collaborato con un individuo i cui crimini sono francamente ripugnanti, e le cui blande espressioni di pentimento non appaiono sincere. Ma per chi vede il documentario della BBC l’importante è capire che le dichiarazioni di O’Grady s’inquadrano in un accordo con avvocati che avevano bisogno soprattutto di sentirsi dire che il sacerdote pedofilo era stato protetto dalla Chiesa, cui speravano di spillare qualche milione di dollari.
Uno sguardo ai documenti del processo civile di secondo grado – dove i danni sono stati ridotti a meno di un terzo – mostra che O’Grady non la racconta del tutto giusta. Egli afferma – con evidente gioia degli avvocati – che il vescovo di Stockton (e oggi cardinale di Los Angeles) Roger Mahoney sapeva che era un pedofilo e, nonostante questo, lo aveva mantenuto nel ministero sacerdotale. La causa racconta un’altra storia. Mahoney diventa vescovo di Stockton nel 1980. Tra il 1980 e il 1984 deve occuparsi di tre casi di preti accusati di abusi sessuali su minori. Fa qualche cosa che stupirà i fan del documentario della BBC: non solo indaga, ma segnala i sacerdoti alla polizia. In due casi la polizia conferma che, dietro al fumo, c’è del fuoco: e i sacerdoti sono sospesi a divinis, cioè esclusi dal ministero sacerdotale. Nel terzo caso, quello di O’Grady, la polizia nel 1984 archivia il caso e dichiara il sacerdote innocente. Mahoney si limita a trasferirlo, dopo che due diversi psicologi che lo hanno esaminato per conto della diocesi hanno dichiarato che non costituisce un pericolo. Tutti sbagliano: non solo perché già nel 1976 O’Grady aveva “toccato in modo improprio una ragazzina” (tutto si era risolto con una lettera di scuse e, contrariamente a quanto dice l’ex prete, gli avvocati non hanno potuto provare che il vescovo lo sapesse) ma perché si trattava di un soggetto pericoloso, che finirà arrestato e condannato.
Errori? Certo. Complotti? È un po’ difficile sostenerlo, dal momento che il vescovo e poi cardinale Mahoney – uno dei “cattivi” del documentario – di fronte a tre preti accusati di abusi nella diocesi ne sospende due dal sacerdozio ma non il terzo, fidandosi in tutti e tre i casi delle indagini della polizia e del parere degli psicologi. Mahoney avrebbe potuto fare di più? Certamente oggi, dopo anni di ricerca scientifica sul tema, la Chiesa spesso agisce in modo più radicale (e lo fa seguendo le direttive del cardinale Ratzinger prima e di Benedetto XVI poi) di quanto non facesse nel 1984. Ma prendere per oro colato le bugie di un delinquente non è mai buon giornalismo.










Quanti sono i preti "pedofili"?


di Massimo Introvigne


Le controversie scatenate dalla diffusione in Italia del documentario Sex Crimes and the Vatican della BBC hanno riportato alla ribalta un vecchio problema, su cui sembrava che le scienze sociali avessero fatto chiarezza: ma, pare, non in Italia. Quanti sono i preti “pedofili”? Lo storico e sociologo Philip Jenkins, in una serie di opere (la fondamentale Pedophiles and Priests. Anatomy of a Contemporary Crisis, Oxford University Press, Oxford - New York 1996; Moral Panic. Changing Concepts of the Child Molester in Modern America, Yale University Press, New Haven - Londra 1998; The New Anti-Catholicism. The Last Acceptable Prejudice, Oxford University Press, Oxford - New York 2003) ha mostrato come l’uso di statistiche folkloriche – cioè senza base scientifica, ma che passano da un talk show e da un articolo di giornale all’altro – sia alla base della costruzione di “panici morali”, cioè dell’errata percezione di problemi assolutamente reali e drammatici di cui però sono esagerate le dimensioni.
Ancora una volta, va ribadito che le statistiche non consolano le vittime: anche un solo caso di sacerdote pedofilo è un dramma per la Chiesa e giustifica pienamente le severe misure invocate da Benedetto XVI. Tuttavia, per inquadrare un problema le scienze sociali non possono fare a meno delle statistiche, soprattutto perché è lo studio delle statistiche che permette di dire qualcosa sulle cause di un fenomeno.
Come nota Jenkins – non senza un pregiudizio anticattolico – i media hanno anzitutto creato uno straordinaria confusione sulla parola “pedofilia”. La pedofilia è definita dai manuali medici (tra cui il diffuso DSM-IV) come “l’attività sessuale ricorrente [di adulti] con bambini prepuberi”. Naturalmente l’età della pubertà varia nei singoli casi, ma le stesse fonti – ai fini statistici – considerano “pedofilia” l’attività sessuale con minori di undici anni. Quando si parla di “pedofilia” per tutti i casi di rapporti sessuali di sacerdoti con minorenni si dice, semplicemente, una sciocchezza. Un sacerdote di trent’anni che scappa con una parrocchiana di sedici viola certamente la morale cattolica e secondo le leggi di molti paesi commette anche un reato, ma non è certamente un pedofilo. Né lo è, tecnicamente, chi va con una dodicenne per quanto il suo comportamento sia ripugnante e sia più che giusto sanzionarlo.
Sui paesi diversi dagli Stati Uniti non sono state raccolte statistiche scientificamente verificabili sul numero di sacerdoti coinvolti in episodi di pedofilia (anche se in alcuni sono in corso studi, e i primi risultati mostrano che le cifre sono inferiori a quelle statunitensi). Negli Stati Uniti la Conferenza Episcopale ha costituito un National Review Board for the Protection of Children and Young People, che nel 2004 ha pubblicato il rapporto A Report on the Crisis in the Catholic Church in the United States (diffuso via Internet da attivisti anti-cattolici, ma non segreto e distribuito ai giornalisti). Il documentario Sex Crimes and the Vatican ci racconta la storia del National Review Board a tinte fosche: ma si tratta di polemiche che attengono alle sue conclusioni, cioè ai commenti di questo ente (oggetto, peraltro, delle più diverse valutazioni) allo studio statistico indipendente commissionato al John Jay College of Criminal Justice della City University of New York, che non è un’università cattolica ed è unanimemente riconosciuta come la più autorevole istituzione accademica degli Stati Uniti in materia di criminologia. È giusto quindi tenere separate le statistiche fornite dal John Jay College dai commenti del National Review Board.
Queste statistiche ci dicono che dal 1950 al 2002 4.392 sacerdoti americani (su oltre 109.000) sono stati accusati di relazioni sessuali con minorenni. Di questi poco più di un centinaio sono stati condannati da tribunali civili. Il basso numero di condanne da parte dello Stato deriva da diversi fattori. In alcuni casi le vere o presunte vittime hanno denunciato sacerdoti già defunti, o sono scattati i termini della prescrizione. In altri, all’accusa e anche alla condanna canonica non corrisponde la violazione di alcuna legge civile (è il caso, per esempio, in diversi Stati americani del sacerdote che abbia una relazione con una – o anche un – minorenne maggiore di sedici anni e consenziente). Tuttavia il National Review Board è stato anche criticato per non avere dedicato sufficiente spazio, nel suo commento, al fatto che ci sono stati molti casi clamorosi di sacerdoti innocenti accusati: e Jenkins ritiene che questi si siano moltiplicati negli anni 1990 quando alcuni studi legali hanno capito di poter strappare transazioni milionarie anche sulla base di semplici sospetti. Le cifre non cambiano in modo significativo aggiungendo il periodo 2002-2007, perché già lo studio del John Jay College notava il “declino notevolissimo” dei casi negli anni 2000: le nuove inchieste sono state poche, e le condanne pochissime (un effetto delle politiche di “tolleranza zero” dei vescovi americani ma certo anche delle misure più rigorose introdotte dal cardinale Ratzinger come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede).
Dallo studio del John Jay College si può concludere, come si legge spesso, che il quattro per cento dei sacerdoti americani sono “pedofili”? Niente affatto. Secondo lo stesso studio il 78,2% delle accuse si riferisce a minorenni che hanno superato la pubertà. Dunque i sacerdoti accusati di pedofilia sono 958 in cinquantadue anni, diciotto all’anno. Rispettando le stesse proporzioni le condanne dovrebbero essere 24: in realtà sono di più, perché i tribunali dello Stato (giustamente) perseguono più severamente i pedofili che di chi ha rapporti con minori dopo la pubertà (un’attività, ripetiamolo ancora a rischio di sembrare noiosi, gravemente immorale e spesso anche criminale, ma che non è pedofilia). Ma anche così le condanne penali di preti (veramente) pedofili negli Stati Uniti sono state nel periodo 1950-2002 poco più di una all’anno, il che ci dice quanto seriamente vadano prese certe affermazioni televisive.
Jenkins aggiunge un altro elemento, tutt’altro che poco importante. Per sapere se la Chiesa cattolica sia un ambiente particolarmente favorevole alla pedofilia – e il sacerdozio sia uno stato di vita “a rischio” – occorrerebbe paragonare le statistiche sui sacerdoti cattolici a quelle sui pastori protestanti, i rabbini, gli imam e i maestri delle scuole e degli asili statali. Per tutte queste categorie non risultano a Jenkins dati sulle accuse raccolti con la stessa sistematicità con cui si è studiato il caso dei sacerdoti cattolici; ma i dati sulle condanne mostrano che la percentuale è simile, e in alcuni casi più alta, rispetto ai preti della Chiesa cattolica. Per Jenkins questo dato smonta, tra l’altro, la tesi più volte ripetuta secondo cui è il celibato sacerdotale a essere responsabile della pedofilia. I pastori protestanti e i maestri di scuola e di asilo sono in maggioranza sposati, eppure tra loro c’è una percentuale di pedofili condannati analoga o più alta rispetto ai sacerdoti cattolici. Come ha ricordato il cardinale arcivescovo di Sydney, George Pell (e i dati di Jenkins lo confermano), il 90% dei preti pedofili sono sposati. Semmai – per quanto non sia politicamente corretto dirlo – i dati confermano che il rischio pedofilia è maggiore tra gli omosessuali. Mentre sarebbe ingiusto e assurdo sostenere che tutti gli omosessuali sono pedofili, è un dato di fatto che molti pedofili sono omosessuali. Secondo il rapporto del John Jay College l’81% dei sacerdoti accusati di rapporti con minori nel periodo 1950-2002 avevano un orientamento omosessuale. Tuttavia quando Benedetto XVI ha raccomandato ai vescovi americani maggiore cautela prima di ordinare come sacerdoti seminaristi che manifestano un orientamento omosessuale, gli stessi media – compresa la BBC – che invocano misure durissime contro il rischio pedofilia hanno accusato il Papa di essere “omofobo”. Dov’è l’errore?










Da quando la Bbc è screditata la Rai ha deciso di imitarla


di Massimo Introvigne (da Il Foglio, 23 maggio 2007)


Usate un collegamento Internet senza fili? Sì? Siete stati dal medico? Dovreste farlo, se credete a Panorama, la trasmissione della BBC da cui è tratto il documentario contro il Papa Sex Crimes and the Vatican, che ha proclamato che le radiazioni di una rete Wi-Fi sono “tre volte più pericolose di quelle di un cellulare”, gettando nel panico le mamme che mandano i figli nelle scuole britanniche dotate di reti senza fili. Dopo le reazioni delle scuole, la BBC ha dovuto precisare che parlando al cellulare per venti minuti il pupo assorbe più radiazioni che se utilizzasse senza sosta il Wi-Fi per un anno.
Non vi è simpatica la Chiesa di Scientology? Non siete i soli, ma se volete informazioni critiche obiettive non affidatevi a Panorama. Scientology ha risposto a una puntata del programma inglese diffondendo su YouTube un video dove si vede il giornalista di Panorama mentre, fuori onda, inveisce e minaccia contro la Chiesa cara a Tom Cruise. È dovuto intervenire il Comitato etico della BBC, pubblicando una presa di distanze da Panorama. Insomma, per dirla con Paul Ockenden, editorialista dell’autorevole rivista d’informatica PC Pro disgustato dalla storia del Wi-Fi, “anni fa Panorama era un buon programma, ma ora è tutta spazzatura da tabloid spacciata in nome della vecchia reputazione”. E parliamo solo delle trasmissioni di un mese: maggio 2007.
Che il marchio BBC garantisca la qualità di Sex Crimes and the Vatican è uno degli argomenti usati dall’équipe di Annozero di Michele Santoro nella preview della puntata dedicata al documentario messa in onda via Internet. Una preview dove si è continuato a ripetere che chi chiede di non diffondere il filmato non ha argomenti, mentre i ventidue parlamentari e gli ottanta docenti universitari che hanno sottoscritto l’appello di cui sono il promotore hanno fatto notare una serie di falsità clamorose. Per esempio, si afferma che l’istruzione vaticana Crimen sollicitationis del 1962 commina la scomunica a chi denuncia i preti colpevoli di abusi sessuali mentre è esattamente il contrario (sono scomunicate le vittime e gli eventuali testimoni che non provvedono alla denuncia); si confondono segretezza del processo canonico (di cui sola si occupano i documenti vaticani) e segreto del delitto, che neppure una riga di quei testi impone di non rivelare alle autorità civili; si pretende che l’istruzione De delictis gravioribus del 2001, firmata dal cardinale Ratzinger quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, renda più difficile perseguire i preti accusati di pedofilia mentre al contrario lo rende più facile, tra l’altro allungando i termini di prescrizione fino a quando la vittima minorenne più giovane abbia compiuto i 28 (non i 18, come alcuni dicono) anni di età. Ma tutto serve, per far scorrere immagini di Benedetto XVI che, appena eletto, benedice Piazza San Pietro mentre una voce fuori canto ci spiega che quest’uomo, il Papa, da trent’anni protegge i pedofili.
Agli esperti il documentario di Panorama, quando andò in onda, nell’ottobre del 2006, sembrò quasi uno scherzo. Infatti il cardinale Ratzinger aveva fama d’intransigenza assoluta quando sentiva parlare di pedofilia, anzi qualcuno sommessamente lo criticava perché non era abbastanza garantista. Nella preview di Annozero, rincarando la dose rispetto agli inglesi, si presenta come prova del buonismo di Ratzinger la sua presunta indulgenza verso padre Marcias Maciel, fondatore della (benemerita) congregazione dei Legionari di Cristo, accusato di abusi sessuali che risalirebbero in gran parte agli anni 1950. Anche qui, è precisamente il contrario. Una mezza dozzina di ex-religiosi ha “ricordato” abusi che padre Maciel avrebbe commesso venti o anche cinquant’anni prima. Altri hanno risposto affermando di avere ricevuto offerte di denaro perché confermassero calunnie inventate. Gli accusatori non si sono mai rivolti ai tribunali secolari, che non avrebbero preso sul serio ricordi a orologeria scattati decenni dopo i fatti.
Proprio sulla base delle nuove norme del 2001 – quelle, secondo la BBC e la RAI, più blande delle precedenti – la Congregazione per la dottrina della fede ha ritenuto di intervenire. Considerata la difficoltà anche per i tribunali ecclesiastici di ricostruire vicende vecchie di mezzo secolo, la Congregazione – evitando ogni pronuncia esplicita sui fatti – nel 2006 ha “invitato” padre Maciel “ad una vita riservata di preghiera e di penitenza, rinunciando ad ogni ministero pubblico”. La procedura mostra da una parte l’estrema durezza della Santa Sede di Benedetto XVI anche in caso di accuse che non è possibile provare con certezza, dall’altra il ruolo della prescrizione i cui termini in uso nei moderni tribunali risalgono a un avvocato italiano che si chiamava Cesare ma che di cognome non faceva Previti, come forse crede Santoro, ma Beccaria. La prescrizione è un principio elementare di civiltà giuridica. Anche Santoro sarebbe in difficoltà se qualcuno lo accusasse oggi di abusi commessi vent’anni fa, chiedendogli di spiegare dov’era un certo pomeriggio del 1987.
Santoro dovrebbe anche spiegare che il disgustoso pedofilo ex-prete Oliver O’Grady, le cui immagini aprono e chiudono il documentario, non sta parlando con la BBC. Sta registrando un video concordato con gli avvocati di una causa civile miliardaria, contro la Chiesa, che in cambio non si sono opposti a che questo autentico orco ricominciasse a circolare liberamente dopo soli sette anni di prigione. E che le statistiche che cita sono state smontate una per una da studiosi come Philip Jenkins. Anche un solo prete pedofilo è uno di troppo, e giustifica le severe misure invocate proprio da Benedetto XVI. Negli Stati Uniti, però, i sacerdoti condannati da tribunali federali o statali per abusi sessuali su minori (non tutti “pedofili”, perché chi abusa di una sedicenne è certo un criminale, ma non è un pedofilo) dal 1950 a oggi sono 105. Ce ne sarà certo qualcuno colpevole e non condannato, ma sostenere che le condanne sono migliaia è solo cattivo giornalismo.