giovedì 15 maggio 2008

Ricominciamo

Ragazzi!
appena 4 mesi fa era argomento da prima pagina ed oggi ormai non se ne sente più parlare. Passata la sbornia elettorale, passati i proclami, le strumetalizzazioni, i voti utili e i voti disinteressati, passato anche l'ultimo colpo di coda del Ministro Turco, senza pudore e senza portafoglio. Torniamo a dove eravamo rimasti: alla Moratoria o più semplicemente a parlare di aborto. Qualche mese fa si era aperta una stagione nuova, poi sono passate tante cose in mezzo. Adesso è giunto il momento di riprendere il discorso.

Vi propongo quattro contributi. So bene che sono lunghi, ma vale la pena leggerli tutti.


Ho trent'anni e sono incinta
Lettera a Giorgio Napolitano di una donna che ha deciso di abortire

Egregio Presidente,
sono incinta.
Egregio Presidente,
ho quasi trent'anni, ho un lavoro, sono sposata e sono incinta.
Egregio Presidente,
tra un paio di settimane abortirò!
Nonostante la mia non fosse una gravidanza programmata, l'aver scoperto di essere positiva al test mi ha dato un'emozione bruciante, una felicità incontenibile. L'idea di aver concepito un figlio con l'uomo che amo è qualcosa di così forte ed intimo che è impossibile da spiegare. Ad ogni modo la mia gioia non ha visto la luce del giorno dopo. Ben presto la ragione, come spesso accade, ha preso il posto del cuore e mi ha schiaffeggiata forte, come si fa per scacciare in un colpo una forte sbronza. La verità, mio caro Presidente, è che nonostante sia io che mio marito abbiamo un lavoro, un lavoro che ci impegna 6 giorni alla settimana e che abbiamo trovato dopo infiniti "lavoretti" che definire umilianti e sottopagati è dir poco; ebbene dopo tutto ciò, ad oggi le nostre entrate ammontano a circa 1.300 euro al mese. Per trovare questo lavoro qualche anno fa ho rinunciato a portare a termine la mia carriera universitaria. Nonostante il profitto fosse elevato e la mia media superasse il 29, dissi addio ai miei studi e al mio praticantato da giornalista. Quest'ultima rinuncia fu per me la più dolorosa perché la verità è che, seppur i miei compiti di neofita fossero praticamente identici a quelli di un professionista, non ho mai riscosso neppure un centesimo dal quotidiano locale per il quale scrivevo. Il lavoro era splendido, ma non si può vivere solo di passione. Purtroppo la vita mi mise di fronte ad una scelta. Mi ero innamorata e desideravo vivere insieme al mio compagno, quindi, o perseguivo la mia ambizione, che mi imponeva però di gravare ancora sulle spalle della mia famiglia, oppure spiccavo il volo e mi rimboccavo le maniche accettando qualsiasi tipo di occupazione che mi garantisse un reddito, dandomi la possibilità di coronare il mio sogno d'amore. Scelsi la seconda strada. Scelsi l'amore! Scelsi l'amore e glielo assicuro, Signor Presidente, non c'è stato un giorno, da allora, in cui io me ne sia pentita!!!
Ora però è diverso...! Presidente, ora devo scegliere se essere egoista e portare a termine la mia gravidanza, sapendo di non poter garantire al mio piccolo neppure la mera sopravvivenza; oppure andare su quel lettino d' ospedale e lasciare che qualcuno risucchi il mio cuore spezzato dal mio utero sanguinante, dicendo addio a questo figlio che se ne andrà via per sempre!! Non importa se ce ne saranno altri dopo di lui... Il mio bimbo non tornerà più!! Non tornerà mai più!!!! Ma questa è la vita!! Giusto, Signor Presidente??? Si, questa è la vita!!! Qui non c'è nessuno che ti tende una mano, nessuno che ti aiuti quando hai veramente bisogno!! E per favore, mi risparmi banalità del tipo: "Dove si mangia in due, si mangia anche in tre!!". Mi risparmi la retorica, perché è l'ultima cosa di cui ho bisogno. Sa benissimo anche Lei che se ad oggi, ad esempio, decidessi di adottare un figlio, nessun Ente mi accorderebbe mai il suo consenso. Nessun assistente sociale affiderebbe a me e a mio marito un bambino e questo perché i nostri introiti verrebbero considerati insufficienti al sostentamento di un'altra persona. Nessuno si sentirebbe di condannare quell'assistente sociale per una scelta di questo tipo, giusto?? Egli sarebbe considerato un professionista attento ai bisogni del minore. E allora mi chiedo e chiedo a chiunque sia pronto a dire che non si dovrebbe mai abortire, perché "se c'è l'amore c'è tutto", io chiedo a queste persone: "Ma hanno forse più necessità i bimbi adottivi rispetto a quelli biologici???" Credo di no, Signor Presidente!! Credo proprio di no!!!!! Comunque è inutile arrovellarsi su dubbi e domande che non troveranno una risposta e che, già lo so, continueranno a tormentarmi e ad attanagliarmi l'anima per sempre!!! Ma c'è una domanda, mio caro Presidente, a cui vorrei che Lei rispondesse: PERCHE', per il solo fatto di aver avuto la sfortuna di nascere in questo paese, un Paese che detesta i giovani, che ne ha già ucciso sogni e speranze e che ha già dato in pasto ai ratti le ceneri del loro futuro; ebbene perché per il solo fatto di esser nata qui, ho dovuto rinunciare prima alla mia ambizione a crearmi una carriera soddisfacente, e cosa infinitamente più drammatica, sono costretta adesso a rinunciare al mio DIRITTO ad essere MADRE?????????

La politica aiuti chi vuole figli
La risposta del Presidente

Gentile signora, ho potuto, finora, leggere solo ciò che ha pubblicato La Repubblica dell'appello che ha inteso rivolgermi e della scelta drammatica e dei sentimenti contrastanti con cui si è misurata. Ho seguito con attenzione la sua vicenda e gli interrogativi che ha sollevato. Per rispettare la sua volontà di mantenere l'anonimato, affido questa mia risposta alla giornalista dello stesso quotidiano che l'ha intervistata. E alla quale ha, poi, comunicato la sua decisione di rinunciare a sottoporsi alla paventata interruzione della gravidanza per timore di non essere in grado di mantenere un figlio. Vorrei esprimerle i sentimenti di condivisione della felicità che ora prova per le tante manifestazioni di affetto e di solidarietà che l'hanno sostenuta in una scelta che ritengo essere responsabile e lungimirante. Non viene meno, per questo, la necessità di riflettere su una vicenda umana che, al di là degli aspetti più intimi e personali, accomuna molte coppie che vivono condizioni di disagio sociale, di precarietà e di insicurezza. Sono ben consapevole - e me ne sono fatto interprete in diverse occasioni pubbliche - che condizioni di incertezza del lavoro e di inadeguatezza delle retribuzioni inducono ad affrontare con preoccupazione e timore le scelte fondamentali della vita. Decisioni così pregnanti di conseguenze, anche sul piano del libero e consapevole esercizio della maternità e della paternità, richiamano tutti ad atteggiamenti di responsabilità, di comprensione e di rispetto. La risposta alle inquietudini che lei esprime, come tanti delle generazioni più giovani, non può che essere nell'impegno delle istituzioni e della società a favore di una missione essenziale qual è quella, sancita dalla Costituzione, di "mantenere, istruire ed educare i figli". Di qui la necessità che il nuovo Parlamento affronti anche le politiche rivolte alla famiglia, con misure volte ad elevare il tasso di occupazione femminile, a conciliare la vita familiare e la vita lavorativa, a sviluppare azioni di assistenza sul territorio, a favorire una complessiva crescita del sistema nazionale dei servizi socio-educativi per l'infanzia, per dare risposte concrete ai bisogni e alle speranze che interrogano la nostra coscienza e la nostra responsabilità.
So di poter contare sulla sua partecipazione a questo comune impegno per il futuro.


Chiudiamo l’era della 194
Carlo Casini, da "Si alla Vita", gennaio 2008

Per anni ho tenuto nel segreto della mia memoria l'esortazione che mi fece la Beata Madre Teresa di Calcutta nel primo incontro che ebbi con lei a Milano nel maggio 1979.
Ora che la discussione sulle 194 si fa nuovamente calda, sento di dover meditare profondamente su quella frase. Ma non da solo. Insieme a tutti voi. A Milano, quel pomeriggio di maggio, migliaia di giovani ricordavano con dolore il primo anniversario della legge 22 maggio 1978 n. 194, quella che aveva introdotto l'aborto legale. Avevano già parlato Don Zeno Saltini, il fondatore di Nomadelfia, la signora Fortuna, che gestiva una casa di accoglienza per ragazze madri di Firenze, Fratel Ettore, promotore e direttore di un centro di ospitalità per i barboni di Milano, io stesso.
Era previsto l'intervento di Madre Teresa. Ma non arrivava. Avevo un altro appuntamento pubblico a 300 Km di distanza e dovetti andarmene. Ma mentre mi allontanavo incrociai la futura Beata che sopravveniva frettolosamente. Mi disse una sola frase. Eccola: “Non abbia paura, si faccia coraggio, pregherò per lei. Ma si ricordi di non cessare mai di combattere contro questa legge perché i cristiani in India sono tristi, perché hanno l'impressione che in Italia anche la Chiesa abbia ceduto”.
Medito. Nessuno può e deve accusarci di compromesso o cedimento nei confronti della legge.
Non diremo mai che è una legge giusta. Non perché facciamo un atto di fede in Madre Teresa, ma perché lo abbiamo dimostrato, scritto, sostenuto per trenta anni in mille e mille confronti, con argomenti di ragione. Ma “Non cessare mai” significa “non arrendersi” e “non arrendersi” significa non limitarsi alla protesta, ma studiare la realtà, interpretarla, scoprire i percorsi, salire il gradino possibile.
Medito. Ci interessa la vita concreta. Lo abbiamo dimostrato nei fatti. La vita conta più della legge.
Siamo stati noi, per primi, ad evocare quel passo della Bibbia dove il Re Salomone individua la mamma vera, nel momento in cui ella piangendo rinuncia ad aver ragione purché il figlio conteso viva, anche se nelle braccia di una madre falsa.
Se qualche frase della legge 194 può salvare qualche bambino – abbiamo detto - applichiamola. Ma sappiamo che tra legge e costume vi è una reciproca influenza e che la legge 194 contribuisce potentemente a distruggere nelle madri, nei padri e nella società tutta intera il coraggio dell'accoglienza.
Siamo anche convinti che la legge, espressione della razionalità collettiva, non è una realtà secondaria, specialmente se essa tocca i diritti fondamentali. Il concetto stesso di diritto è messo in forse se la legge, che dovrebbe essere lo scudo dei più deboli, diviene l'arma dei più forti.
Medito. Temo che gridare “bisogna distruggere la legge” quando è impossibile farlo equivalga a dire: “non ci sono le condizioni per cambiare la legge”. Nell'uno e nell'altro caso siamo condannati all'immobilismo. Non possiamo dare l'impressione che non c'è nulla da fare perché il Male ha vinto e resta soltanto il dovere della “testimonianza” (sarebbe un peccato contro la carità), ma non possiamo neppure sfuggire al vero problema, che è quello di creare le condizioni perché la legge possa essere cambiata. Se i movimenti antischiavisti e quelli per l'eguaglianza dei bianchi e dei neri, degli uomini e delle donne si fossero fermati alla constatazione dell' “oggi non ci sono le condizioni”, avremmo ancora la schiavitù, la discriminazione, la sottoposizione delle donne al primato maschile.
Ho scritto un libro dal titolo “Biopolitica, l'ora è venuta”. La tesi emergente dai numerosi messaggi inviati ai politici di primo piano nel corso dei trenta anni alle nostre spalle è che il diritto alla vita deve divenire la carta di identità delle forze politiche che pretendono il consenso di quegli elettori che fanno riferimento alla antropologia cristiana e ai diritti umani. Tutto il contrario della rassegnazione di fronte al fatto compiuto espressa solo nel giudizio: “non ci sono le maggioranze”. Ora, ma domani? Cosa facciamo per averla questa maggioranza per la vita?
Medito. “I cristiani in India sono tristi…” Dobbiamo sentirci addosso la responsabilità non solo per l'Italia, ma per il mondo. Forse la nostra Nazione ha perso punti nel confronto con gli altri in termini
di potenza economica, militare e di prestigio civile. Ma nel campo della vita e della famiglia (ossia nel fondamento dei diritti e della dignità umana) è ancora, e forse per certi aspetti più di altri tempi, un punto di riferimento. Non è in questione un primato culturale o religioso. E' in gioco la salvezza di tante vite umane nel mondo. L'impegno affinché la Costituzione europea richiami le radici cristiane non ha avuto successo. Ma sarebbe meno importante riconoscere formalmente il diritto alla vita fin dal concepimento? Se l'Europa non è capace, almeno ci provi l'Italia.
Medito. Che significa “moratoria”? Il termine è appropriato. Riguardo alla pena di morte essa indica una fase intermedia: non eseguiamo per qualche tempo la pena capitale, in vista della sua abolizione definitiva. Per l'aborto è difficile immaginare una reale sospensione delle Ivg per una sola decisione di vertice. Ma “moratoria” resta una parola che indica un passaggio intermedio verso un traguardo finale. Essa vuol dire: “almeno riconosciamo che l'uomo è uomo fin dal concepimento”; “almeno educhiamo le coscienze a non accettare l'aborto”; “almeno applichiamo le parti della legge 194, che, meglio interpretate, potrebbero ridurre il numero delle Ivg”. Ma vuol dire anche “in attesa della possibilità di cambiare la legge” e dunque vuol dire anche: “cominciamo a tentare di cambiare la legge“ e “cominciamo a tentare di modificare ciò che già oggi è realisticamente modificabile”.
Medito: ho paura di chi dice soltanto: “basta applicare integralmente la legge”. Dicevano così anche trenta anni fa. Quando poi ci fu il referendum le “parti buone” furono utilizzate per guadagnare consensi alla legge. Dicevano: “è una legge preventiva”, “L'aborto non è un diritto”, “leggete il titolo: tutela sociale della maternità”, “L'aborto è ammesso soltanto in casi estremi”, “Ci sono i consultori…”. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Temo la manovra di chi non vuole che esplodano contraddizioni nella sinistra (o nella destra…). Anche gli aiuti economici ai Cav, pur doverosi e di cui siamo grati se davvero verranno, non sono sufficienti. La difesa del diritto alla vita è compito primario dello Stato. Non può essere delegata alla buona volontà dei privati. E anche le semplici esortazioni alle strutture pubbliche possono salvare qua e là delle vite umane, ma non offrono garanzia di un impegno generale delle istituzioni. Solo la legge dà garanzia di una generale azione a servizio della vita.
Medito. Alcuni amici dicono che di fronte al pericolo Ru 486 bisogna arroccarsi sulla legge, che, almeno, impone che l'aborto avvenga in ospedale, mentre la pillola privatizza il problema. Vero il pericolo. Vero il significato ideologico della pillola. Vero il rischio di deriva. Ma proprio per questo c'è bisogno di una pronuncia legale che il diritto alla vita va tutelato fin dal concepimento.
Lo abbiamo scritto nella legge 40. Dobbiamo scriverlo anche nella legge 194. Perché la deriva verso la privatizzazione è inarrestabile, come dimostra la pillola del giorno dopo (diversa dalla Ru 486) o l'uso abortivo di farmaci liberamente venduti nelle farmacie. Dunque la mente e il cuore di tutti hanno bisogno di ritrovare la motivazione del coraggio in una chiara indicazione di valori, che non può derivare - nella società civile - che dalla legge. Anche per questo una revisione della 194, anche se parziale, purché chiara nella direzione di una maggior tutela della vita sarebbe assai opportuna.
Medito. Le aperture su possibili cambiamenti si sono concentrate sull'aborto terapeutico. Bisogna ridurre il limite massimo dell'età gestionale entro il quale è possibile interrompere la gravidanza. Il caso di Firenze, Tommaso sopravvissuto per qualche giorno dopo essere stato abortito per paura di una modesta e curabile malformazione, ha commosso l'Italia. Credo che su questo si troverà rapidamente un accordo. Più difficile sarà prevedere garanzie serie contro l'errore diagnostico (consulto collegiale di specialisti e riscontro autoptico ad aborto avvenuto), ma è probabile che anche su questo si possa giungere a un consenso politico. Tuttavia l'aborto dopo il terzo mese (il cosiddetto “terapeutico”) è quello che colpisce di più perché anche emotivamente somiglia proprio ad un infanticidio, ma l'aborto più orribile è quello dei primi tre mesi, perché è quello di massa (97,4% contro il 2,6% di quello “terapeutico”) eseguito per lo più senza alcuna reale insuperabile giustificazione, vantato come espressione di libertà, quando, invece, è causato dalla “necessità”, cioè dalla pressione dell'ambiente e delle società tutta intera. Perciò una “moratoria” vera deve trovare gli strumenti affinchè “lo Stato che rinuncia a vietare non rinunci anche a difendere”. Sotto questo riguardo la lente di ingrandimento deve essere posta sugli artt. 4 e 5 della legge, come da sempre il Movimento per la vita sostiene anche con proposte legislative già presentate in Parlamento fin dal 1993.
Medito. E' conveniente il riferimento alle nuove acquisizioni scientifiche. Certamente trenta anni fa la scienza e la tecnica non avevano raggiunto i livelli di oggi, in particolare nella neonatologia e nella terapia farmacologia e chirurgica sul feto in gravidanza. Bisogna tenerne conto riguardo all'Ivg dopo il terzo mese. Ma vi sono altri due aspetti del progresso scientifico da considerare. In primo luogo che il concepito sia un essere umano è divenuto visibile attraverso l’uso dell'ecografia ed è dimostrato meglio da una più approfondita conoscenza dei processi della generazione e anche dallo stesso diffondersi della procreazione artificiale: se l'embrione può vivere e crescere in una provetta vuol dire che è un individuo autonomo, non una parte del corpo materno. Dunque l'affermazione della sua soggettività è meglio sostenuta dalla scienza. In secondo luogo, se consideriamo scienza anche quella giuridica, dobbiamo prendere atto dei progressi compiuti nel campo penale. Il concetto che un tempo presiedeva alla repressione penale era quello della “retribuzione”: hai compiuto un comportamento gravemente dannoso per il prossimo e la società: devi pagare con una tua sofferenza paragonabile al danno che hai provocato ad altri. Poi questa dottrina è stata totalmente sostituita con quella della “difesa sociale”: lo scopo della minaccia penale è esclusivamente preventivo. Più recentemente, specie nella dottrina costituzionale tedesca proprio a proposito di aborto, si è fatta strada la dottrina dell'extrema ratio: si deve ricorrere alla minaccia penale solo se non ci sono altri mezzi per evitare i comportamenti - come l'aborto – che l'ordinamento continua a considerare negativi. Ma questi altri mezzi non devono essere “mezzucci”, espedienti ingannatori. Devono essere strumenti alti ed efficaci per difendere la vita umana.
Sulla base di questi pensieri ho già detto tante volte che una riconciliazione sul tema della vita nascente è possibile se il percorso è tracciato su due binari: da un lato una leale rinuncia in ampi spazi all'uso del diritto penale, ma dall'altro una limpida affermazione del diritto alla vita fin dal concepimento con una coerente declinazione di tutti gli strumenti atti a garantirlo senza la minaccia penale.
Ovviamente la riflessione cade immediatamente sui consultori pubblici, la loro funzione, la loro composizione, il meccanismo del loro intervento, i controlli sul loro lavoro. Le proposte già formulate in articoli ci sono e sono state presentate anche in questa legislatura.


La moratoria contro l'aborto: un segno di civiltà
di Lorenzo C.
In questi ultimi mesi, proprio nel periodo in cui si ricordano i trenta anni dell’approvazione della Legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, nell’opinione pubblica si assiste a un nuovo scontro tra cattolici e laici su argomenti legati alle dimensioni morali e etiche. In questi anni dopo avere assistito al dibattuto su problematiche morali come la procreazione artificiale, le proposte sul riconoscimento delle coppie di fatto e sul testamento biologico, ritorna alla ribalta dell'opinione pubblica e della vita politica, sociale e culturale del paese il dibattito sulla legge sull'interruzione volontaria della gravidanza. La novità dell’attuale dibattito sul è che esso non è stato ripreso dai cattolici ma da una parte del mondo laico che durante gli anni dell'approvazione della legge era stata tra i suoi promotori. Questa innovazione è un segno che indica un profondo cambiamento all’interno della società italiana; poiché questa è la dimostrazione che le critiche all’aborto non sono solamente espressioni di una imposizione della cultura cattolica che viola il principio della laicità dello stato, ma sono la conseguenza di un percorso di una parte del mondo laico, che si è reso conto che le istanze proposte dalla Chiesa non sono puramente confessionali ma sono fondamentali per il bene di tutta la società, poiché si fondano su valori laici ed universali.
Il frutto più concreto di questa nuova stagione è stata la presentazione di una moratoria mondiale sull’aborto proposto da Giuliano Ferrara dalle pagine del suo giornale il Foglio.
In merito alla proposta di moratoria sull’aborto mi preme fare alcune osservazioni. In primo luogo dobbiamo apprezzare il ruolo importante di quelle figure che spesso sono considerate dall’opinione pubblica come “atei devoti”, cioè coloro che dopo un cammino personale e intellettuale si avvicinano all'insegnamento della Chiesa, pur non aderendo completamente ai suoi principi di fede. Questi hanno svolto un grande servizio, poiché hanno avuto il coraggio di esporsi nel dibattito attuale su problematiche etiche e morali, come il referendum sulla procreazione assistita, difendendo i valori su cui si fondano la società.
In secondo luogo è necessario sottolineare che il dibattito sull'attualità della Legge 40 sia entrato nell’agenda politica, dimostra che questo argomento non è solamente sentito dal mondo cattolico, ma che è una questione aperta e rivolta a tutti i membri della società, poiché il diritto alla vita è una libertà intoccabile e inalienabile per qualsiasi uomo, come afferma il diritto di natura. E per diritto di natura si intende tutte quelle leggi morali e etiche insite in ogni uomo, di qualsiasi confessione religiosa ed appartenenza sociale, che nessuna legislatura può sopprimere o eliminare.
Alla luce di queste premesse possiamo probabilmente affermare che, a 30 anni dalla sua approvazione, è davvero opportuno rivedere la Legge 40, tenendo presenti i cambiamenti dei tempi e soprattutto il fatto che l’attuale legge non è stata nemmeno attuata completamente, laddove proponeva provvedimenti volti a limitare l’aborto ed aiutare la maternità attraverso l’attività dei consultori. Dunque è importante inserire norme che limitino l’utilizzo della pratica dell’aborto, attraverso l’incentivazione di strumenti alternativi per difendere la vita umana soprattutto nei casi delle maternità difficili.
Inoltre occorre riaffermare la che l’embrione è persona umana e come tale ha diritto ad essere tutelato e riconosciuto; affermare che l’embrione non è persona in quanto non ha la capacita di ragionare, è un arma pericolosa per tutta la società perché con questo pretesto possono essere legittimate aberrazioni gravissime.
Occorre poi tenere presente che la legge attuale rischia di essere alterata e sorpassata con lo sviluppo delle conoscenze della tecnica e della medicina, basti pensare agli enormi passi avanti fatti nella cura dei randi prematuri.
Nella moderna società che finalmente è riuscita ad esprimere il suo dissenso contro la pena di morte, praticata ancora in molti paesi del mondo, dovrebbe essere logico considerare l’aborto come una forma di condanna, non solo consentita dagli Stati, ma soprattutto contro la quale gli Stati non si operano abbastanza.
Termino auspicando che su tema cosi delicato tutti coloro che si definiscono cattolici ma anche coloro che credono al valore laico della difesa della vita e dei diritti dell'uomo, superino la differenze e, abbattendo le barriere dell’ideologia, si impegnino a difendere e tutelare il diritto alla vita di tutti.

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