martedì 10 aprile 2007

«Testamento sì, eutanasia no». E chi lo garantisce?

Stiamo ben attenti quando si parla di testamento biologico, potrebbe essere una soluzione praticabile per scongiurare l'accanimento terapeutico, ma verosimilmente diventerà il nuovo "cavallo di Troia" dei sostenitori dell'eutanasia.

di Ilaria Nava (da "E' Vita", 5 aprile 2007)



«Il testamento biologico non c’entra nulla con l’eutanasia». E a chi proprio non riesce a convincersi, è stato assicurato che «la legge sul testamento biologico ribadirà il divieto sia all’eutanasia che al suicidio assistito». Questo sembra uno dei punti sul quale concordano tutti i protagonisti del dibattito politico sul testamento biologico. Anche il convegno tenutosi in Senato la settimana scorsa ha ribadito questi concetti. Ma cosa si intende esattamente per «eutanasia»? I senatori della Commissione Sanità, guidati da Ignazio Marino, stanno alacremente lavorando ormai da quasi un anno sugli otto progetti di legge in materia di testamento biologico. Ecco, proprio loro cosa intendono quando dicono che non c’è alcun pericolo di introdurre aperture all’eutanasia attraverso il testamento biologico?
Prima di liquidare chi avanza qualche perplessità, accusandolo di evocare l’eutanasia come «fantasma da agitare per spaventare qualche parlamentare» o limitandosi a rassicurarlo con affermazioni generiche, sembra necessario chiarire i termini della questione. Sebbene i sondaggi vengano periodicamente usati per asserire che l’eutanasia sarebbe quotidianamente praticata dai nostri medici e che gli italiani si direbbero favorevoli alla sua legalizzazione, in realtà non sembra affatto semplice sapere di che cosa si sta parlando. Gli stessi firmatari di alcune delle proposte di legge in discussione in Parlamento – tutti componenti della stessa Commissione e quindi quotidianamente impegnati nello studio di questi problemi – non hanno una definizione univoca di eutanasia. Ad esempio, il senatore Antonio del Pennino, (gruppo Dc-Partito repubblicano-Indipendenti-Movimento per l’autonomia), primo firmatario del disegno di legge (ddl) 818, definisce l’eutanasia «un comportamento attivo volto a spegnere una vita». Il collega Piergiorgio Massidda, appartenente allo stesso gruppo e autore di un’altra proposta, parla di «un modo di favorire la morte attraverso un comportamento attivo o omissivo» includendovi, ad esempio, anche i casi di distacco di un respiratore artificiale. Per l’azzurro Antonio Tomassini, che ha depositato il disegno di legge n.3, l’eutanasia è un «atto diretto in qualsiasi modo ad accelerare la morte di una persona, attuabile attraverso la somministrazione di alcuni farmaci o l’omissione di cure finalizzate al mantenimento in vita di una persona che vi ha aderito», come la nutrizione artificiale. Il verde Natale Ripamonti, firmatario del ddl 665, è convinto che testamento biologico ed eutanasia siano cose completamente differenti, anche se ammette che «è difficile definire l’eutanasia perché la questione è molto controversa e deve ancora essere approfondita». Giorgio Benvenuto (Ulivo), che ha presentato la proposta 357, assicura che il testamento biologico non aprirà la strada all’eutanasia ma poi preferisce non cimentarsi con una definizione. Il presidente della commissione Ignazio Marino (Ulivo), primo firmatario della proposta 687 e acceso sostenitore di una legge sul testamento biologico, assicura che la legge «ribadirà il divieto all’eutanasia». Per lui però «l’eutanasia consiste nell’iniettare un veleno nelle vene di un paziente che lo richiede esplicitamente».
Da tutto ciò emerge che la questione è davvero complessa, ma c’è da chiedersi come si possa affermare che l’auspicata legge sul testamento biologico escluderà l’eutanasia, dal momento che non sembra esserci molta chiarezza su cosa sia quello che si afferma di non voler assolutamente legalizzare. E visto che si tratta di vita o di morte, le approssimazioni e i fraintendimenti dovrebbero essere ridotti al minimo.Il testamento biologico in realtà – almeno per come è delineato nei progetti di legge attualmente in discussione al Senato – corre il rischio di legittimare l’eutanasia. Questa, infatti, consiste in un’azione o un’omissione che per sua natura o nelle intenzioni di chi la esegue procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore. Essa può quindi consistere anche in un’omissione, non sussistendo differenza negli effetti concreti tra l’ipotesi in cui si provoca la morte attraverso la somministrazione di un farmaco letale oppure la sospensione o la mancata attivazione di un trattamento dovuto (intendendosi per tale non certo l’accanimento terapeutico, che è già vietato dal nostro ordinamento, senza bisogno di una legge sul testamento biologico). Chi potrebbe negare, ad esempio, che il medico che lasci morire dissanguato un paziente davanti a sé non abbia compiuto un atto di fatto eutanasico?
La maggior parte dei ddl non pone alcun limite relativo ai trattamenti che si possono rifiutare, e obbligano il medico a eseguire le indicazioni scritte dal paziente, anche qualora dalla sua azione od omissione ne derivasse la morte. Ciò anche quando la terapia sia proporzionata, non inutile, non dolorosa e potrebbe portare alla guarigione.Nel caso del testamento biologico tutto ciò verrebbe eseguito dal medico di fronte a un pezzo di carta, magari datato anni, e non nell’ambito di un rapporto dialettico col paziente. Sembra assai azzardato – visto che si parla della vita e della morte di una persona in quel momento incosciente – dare per scontato che il consenso persista. Sarebbe contrario al principio di precauzione interpretare in senso suicidario indicazioni scritte dal paziente diverso tempo prima e sulla base di una situazione in quel momento totalmente immaginaria. Chi si prenderebbe la responsabilità di affermare che quella persona vorrebbe davvero morire? In questo caso, si potrebbe profilare addirittura un’ipotesi di eutanasia involontaria, ossia senza il consenso della persona, visto che non sembra sufficiente presumerlo.
Tutti i progetti di legge indicano la soluzione del problema nell’istituzione di un fiduciario, nominato dal diretto interessato al momento della stesura del testamento biologico. Il discorso non cambia, anzi, si complica, perché il medico si troverebbe a dover agire in base a ciò che è stato scritto nel testamento biologico interpretato dal fiduciario. In questo caso l’eutanasia sarebbe praticata con il consenso del fiduciario. Nessuno garantisce che il testatore fosse capace di intendere e di volere, o che non abbia subìto pressioni da parte del fiduciario nel momento in cui ha scritto il testamento biologico. Né sarebbe assicurato che le decisioni del fiduciario non siano contaminate da interessi personali, o che il rapporto di fiducia non si sia nel frattempo incrinato.Bastano questi dubbi per lasciar perdere?

1 commento:

Anonimo ha detto...

Credo che alla fine deciderà un referendum, che affiderà una questione così delicata al giudizio disinformato o peggio malinformato della gente