giovedì 30 aprile 2009

Town Meeting Firenze: Un giorno di ordinaria demagogia

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Reportage di un reduce da una buffonata intercomunale

Sapete cos'è un town meeting? No? Ebbene è una assemblea scolastica sessantottina versione 2.0. Si chiamano una serie di persone, si dividono per tavoli, si fanno discutere su un tema molto, o poco, dibattuto. Dopodiché le votazioni. E alla fine un resoconto trionfale del tipo: “Il popolo ha parlato”.

Dove sta l'inghippo? Sta nel fatto che le persone che partecipano sono accuratamente scelte prima, selezionate in base a come la pensano, e opportunamente divise per tavoli affinché l'opinione contraria sia sempre in minoranza.

Così è stato anche per noi sabato scorso.

Eravamo stati chiamati a partecipare a questo town meeting sul testamento biologico da tempo. Organizzato da città di Torino, che aveva portato 250 partecipanti questi focus group (cioè gruppi di discussione) dovevano occuparsi di tematiche inerenti al fine-vita: tempi prestabiliti per dibattere un punto, alla fine votazione con tastierino numerico, e risultati in tempo reale.

La città di Firenze, nota per la sua vivacità culturale e soprattutto per l'originalità, si è aggregata a Torino, accettando peraltro l'umiliante condizione di avere solo 100 partecipanti a fronte di 250 dichiarati a Torino, che poi pare siano diventati 400.

I tavoli erano di due tipi: eterogenei, fatti di persone che la pensano in modo diverso, ed omogenei, fatti di persone che la pensano in modo uguale, da una parte e dall'altra. Solo che in realtà gli eterogenei erano piuttosto omogenei, perché io nel mio tavolo ero solo contro nove donne (di cui sette in menopausa) tutte accanite sostenitrici della “morte dignitosa”. Gli omogenei erano in realtà eterogenei: anche nei tavoli “pro life” erano in minoranza (4 contro 10) quelli che sostenevano che la vita vada tutelata e difesa fino alla morte naturale.

Sapevamo che era una trappola, che eravamo stati chiamati apposta per giustificare l'ennesima mistificazione, perché sennò nei sondaggi il 100% di sì appariva poco credibile. A Torino il vescovo aveva detto ai membri del MPV e associazionismo cattolico: “non andate”. A Firenze invece il vescovo ci ha detto: "andate, consci che è una trappola, perché non andare è forse peggio".

Mi siedo al tavolo pronto alla battaglia. Sono l'unico uomo, tranne il facilitatore. Sbircio sui suoi appunti e noto una frase: “Le persone contrarie al testamento biologico vanno assistite nel parlare, perché sono in minoranza e si sentono minacciate”. Come faceva a saperlo il prestampato che saremmo stati in minoranza?

Da Torino (da dove praticamente tutto proveniva, opinioni e direttive) due testimonianze. Appare sullo schermo una suora. Al mio tavolo si rumoreggia. Una signora capello tinto non ha smesso di borbottare per tutto l'intervento. Un'altra, larga, signora addirittura si è alzata perché non aveva intenzione di sentire i discorsi della suora.

Si comincia, e fin da subito tutti mostrano una assoluta concordia: sì al testamento biologico, senza limiti, per carità il medico esegua e basta. Salvo poche sfumature sul tema, nessun dubbio. Da ultimo parlo io: dico di come la legge avrebbe dovuto definire la differenza tra accanimento biologico ed eutanasia. Parlo di stato liberale e stato sociale: lo stato sociale può imporre delle scelte che la società nel suo complesso reputa giuste, anche contro la volontà del singolo, se è in ossequio a principi superiori. Spiego poi che la professionalità del medico non può essere frustrata; che se il suicidio è atto tollerato, il suicidio assistito non può essere ammesso dal servizio sanitario nazionale.

Di fronte a me, lo scetticismo più nero. Come si fa a sapere – mi dicono – qual'è la differenza tra eutanasia e accanimento terapeutico? La storia dello stato sociale non è vera, te la sei inventata, non  hai studiato la materia (ero l'unico giurista al tavolo). Poi altre chicche del tipo “la sindrome dell'imprigionato non esiste”, “il medico è pagato e deve fare quello che gli si dice”, “l'obiezione di coscienza andrebbe eliminata, perché se scegli di fare il medico devi fare tutto che ti si dice”.

La giornata ha chiuso in ritardissimo con un festante Corrado Augias da Torino che plaudeva alla improvvisa sparizione dei giornali nelle edicole come tangibile segno di democrazia, e auspicava per il nostro futuro il relativismo, la cosa più bella che ci sia, che darà libertà di coscienza a tutti.

Saluti finali. Addio a tutti.

Ma non vorrei che pensaste che quelle sedute al tavolo erano persone cattive o amorali. Erano donne normali, alcune a tratti simpatiche, che puramente e semplicemente non vedevano perché non si deve scegliere in che modo morire, e servirsi del medico come un muto esecutore.

L'idea di un valore per la vita che trascende noi stessi, il principio secondo il quale il cittadino è persona umana e non individuo, non li sfiora nemmeno, non riescono ad alzarsi di tanto così dall'oggi, adesso, subito.

E se la scelta nobile non è, allora si intessono grandi esecrazioni della sofferenza, rinfacciata come se fossimo noi a provocarla. Di fronte alla sofferenza ci si blocca, e allora ogni valore trascendente può essere superato, o meglio sostituito da una “piccola trascendenza”, una trascendenza dell'oggi, del qui, del subito. Un pensiero che non vola alto ma sceglie di volta in volta secondo la convenienza impastata con scrupoli che eventualmente possono venire.

Mi ha fatto grande tristezza vedere che le persone sono dispostissime a barattare principi e valori per un piatto di lenticchie. L'uomo di oggi, rimasto solo con se stesso, arriva a buttarsi sul bene materiale, su ciò che ha e non ciò che è. E arriva a considerare tutto come una proprietà: anche la propria vita. Una vita schifosa, deprimente, che ha al suo culmine una morte che si teme lenta e dolorosa. E allora si finisce per dire: la vita non è stata come volevo, almeno la morte lo sarà.

L'uomo moderno ha dunque più fantasia per morire che per vivere?

                                                                  Emanuele P.

4 commenti:

Francesco Travisi ha detto...

Grande Ema!!
Reportage ineccepibile!!

Anonimo ha detto...

o ma nn hai detto che hanno speso ben 100.000 € per questo town meeting di Firenze, l'ha detto l'assessore alla partecipazione Fragai su tv38!!! - la Gianfry

Anonimo ha detto...

Perche non:)

Anonimo ha detto...

Perche non:)