lunedì 3 settembre 2007

Puerta e quelli di Loreto. Emozioni opposte, e sorelle.

Davide Rondoni da "Avvenire" del 2 settembre 2007



C'è forse un pensiero che è pari per profondità e smarrimento. C’è forse un’emozione che è pari. Forse un dolore che è pari nel vedere un ventitreenne bello e forte crollare col cuore a pezzi in campo. E rialzarsi e cadere ancora. Ci sono un dolore, un’emozione che forse sono pari a quello che hanno dominato gli occhi e i cuori nel mondo nel vedere un ragazzo, un campione come Puerta, cadere rapito dalla morte troppo presto, a partita non finita. E sono il dolore, l’emozione che ci prende nel pensare che quella vita, quella giovinezza e quel bel vigore non abbiano avuto senso. Che siano una cosa nel vuoto. Una vita giovane spezzata duole quasi come una vita giovane insensata. Una vita che paia priva di senso. È un’emozione che quasi strozza. L’ingiustizia di una vita giovane che cade nel pieno del suo splendore, è quasi pari all’ingiustizia di pensare che quella vita, e quella di tanti giovani, sia priva di senso. Sia come un bell’arabesco nel nulla. Sia come una cosa fantastica e breve, priva di reale significato, cioè priva di un destino buono. Perciò vedendo lo spaventoso spettacolo di Puerta che crolla e si rialza per poi crollare di nuovo in campo, mi è venuto agli occhi anche lo spettacolo di questi giorni a Loreto, dove migliaia di giovani reclamano, desiderano un senso per la propria esistenza. Per il proprio "campionato". E a quel crollare fa eco, per così dire, quel sorgere e cantare. E a quella emozione che fa quasi perdere il senno, risponde, con l’ultrasuono di una impalpabile ma ragionevole speranza, l’emozione di vedere questi giovani che gridano e cantano perché la vita – duri cent’anni o venti o un mese – ce l’ha. Scene ed emozioni opposte. E però sorelle. Per così dire incomprensibili l’una senza l’altra. Tutta la nostra emozione, tutta l’emozione del catino strapieno di uno stadio, tutta l’emozione dei milioni di telespettatori, sarebbe monca, imperfetta, sarebbe potente ma incompleta senza quest’altra emozione, quest’altra commozione di vedere la piana di Loreto desiderare con certezza un senso per l’esistenza. Tutta l’emozione per la morte del giovane Puerta sarebbe addirittura una mancanza di rispetto, di vera pietà, una mancanza di giustizia verso di lui, senza tutta la commozione di vedere tanti giovani come lui gridare e cantare con certezza che nulla di un uomo va perduto, e che la vita è fatta per un destino buono, per una vittoria più grande di ogni campionato. Per l’eternità. Dio, come misterioso e supremo regista, ha consegnato i due spettacoli ai nostri occhi nelle stesse ore. Come un uno-due al centro del ring, per colpire la nostra guardinga distrazione. Consegna questi segni alla nostra inquietudine e alla nostra libertà di spettatori. Di noi, intendo, che dinanzi a quel crollo e a quel sorgere possiamo restare immobili, abbarbicati alle poltrone come spettatori ormai distanti. O lasciare che tra le lacrime e il sorriso si dèstino il cuore e la ragione per comprendere che responsabilità, e che rischio ci stanno chiamando.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Onore a Antonio Puerta