giovedì 5 febbraio 2009

Tre voci per dire che ELUANA VIVE !

Inserisco tre interviste molto diverse, ma anche molto interessanti. Personalmente ho trovato molto buon senso in tutti e tre, ma soprattutto tutti e tre testimoniano che ELUANA E' VIVA e non è un vegetale come alcuni vorrebbero farci credere. Buona lettura.

Parla la vedova Coletta: vi racconto Beppino ed Eluana

Pino Ciociola da Avvenire.it (4 febbraio)

Ha chiamato ancora papà Beppino ieri mattina poco prima delle nove: «Ma nemmeno l’hai accompagnata E­luana?», gli ha detto subito. Mar­gherita Coletta è la vedova di Giu­seppe, carabiniere assassinato a Nasiriyah il 12 novembre 2003, nel­l’attentato che spazzò la base ita­liana "Maestrale", carabiniere che non aveva mai ucciso e che sce­glieva le missioni all’estero per aiu­tare i bimbi più indifesi, quelli col­piti dalla guerra. Lo faceva per ri­trovare il sorriso di suo figlio Pao­lo, morto a sei anni stroncato dal­la leucemia: «Quando capimmo che era finita e i medici ce lo spie­garono chiaramente – racconta lei – facemmo interrompere la che­mioterapia». Margherita in questi mesi è volata dalla Sicilia a Lecco per andare a trovare Eluana, accompagnata da Beppino.
Spesso e a lungo l’ha ac­carezzata, l’ha baciata, le ha parla­to. E spesso ha parlato col papà, scontrandosi anche duramente, ma senza che mai lui le negasse il dialogo: in qualche modo for­se sono diventati amici. Ecco perché ancora ieri mattina lei gli ha telefonato dicen­dogli: «Speravo che coi gior­ni fossi rinsavito».


Cos’ha provato, Margherita, entrando nella stanza di E­luana?
La prima volta mi sono fermata sulla soglia della sua porta. Pen­savo di essere più forte. Ho re­spirato a fondo, poi sono entra­ta. Quando l’ho vista, abituata com’ero alle foto di lei ragazza, mi ha scosso, oggi è una don­na. Ma poco dopo è diventa­to tutto così normale, come fossi a trovare una persona in ospedale. Anzi, ho senti­to tanta dolcezza e nessun ribrezzo o pena. Né ho visto alcun 'sacco di patate', co­me qualcuno descrisse E­luana, ma una persona che è tutt’altro. Una persona.


La sensazione più bella?
Quando l’ho accarezzata. Con la sensazione netta, net­tissima, che lei avvertisse le carezze. Certo è che pensavo d’andare a dare io a lei, inve­ce ho ricevuto assai più di quanto le abbia dato.

Cosa?

La maggiore certezza nelle cose in cui credo. La con­sapevolezza che non si può ridurre una persona alla sua forma fisica.


Papà Beppino la accom­pagnava in quella stan­za?
Sì. La prima volta che l’ho incontrato mi ave­va fatto molta tenerez­za: pensavo a mio ma­rito Giuseppe, a quan­do è morto nostro fi­glio. E poi mi sem­brava quasi di parla­re con mio padre: mi diceva «sei una bir­ba».


Adesso è cambiato qualcosa?
Rispetto comun­que Beppino e provo sempre grande affetto per lui. Ma non è giusto quello che sta facendo. I figli non sono di nostra proprietà: ci sono soltanto affida­ti. Ci prendiamo cura di loro, li aiu­tiamo, li assistiamo e semmai li ac­compagniamo alla morte, prepa­randoli se deve accadere, anche da piccoli. Ma lui non si rende conto di tutto questo, si sente incapace di tornare indietro: credo sia so­prattutto lui in uno stato simile a quello vegetativo. Quando si risveglierà da questo torpore si renderà conto e starà male, tanto.


Lei che rapporto ha, Margherita, col papà di Eluana?
Ci siamo confrontati tante volte, ma è sempre stato cortese con me. È convinto di quanto fa, for­se perché non vede più Eluana come lui la vorrebbe. Ma a me pa­re evidente che in qualche modo sia stato plagiato da tanta gente alla quale non interessa nulla di Eluana. E lui ora è strumentaliz­zato, è finito in un vortice: ha an­che momenti nei quali io credo vorrebbe tornare indietro, perché non pare convinto fino in fondo di quanto sta facendo, ma non ne ha la forza.


Com’era trattata Eluana nella ca­sa di cura lecchese?
Come una regina. Le suore che le stanno accanto ogni giorno la cu­rano, la lavano, la profumano, la portano a spasso sulla carrozzella. Addirittura la depilano, perché E­luana come ogni ragazza non sop­portava d’avere peli sulle gambe.


E come sta?
Lei è una donna. Una donna di trentotto anni: ha la mia stessa età. Ha il ciclo mestruale come ogni donna. Apre gli occhi di giorno e li chiude la notte. Respira benissimo e da sola, serenamente. Il suo cuo­re batte da solo, tenace e forte. Ci sono momenti nei quali forse sor­ride e altri nei quali forse socchiu­de gli occhi. Ma quanti sanno dav­vero che Eluana non è attaccata a nessuna macchina? Quanti sanno che nella sua stanza non c’è un macchinario, ma due orsacchiotti di peluche sul suo letto? Che non ha una piaga da decubito? Che in di­ciassette anni non ha preso un an­tibiotico?


La notte scorsa hanno portato E­luana a morire: lei, Margherita, co­sa sta provando?
Ho un pugnale dentro. Prego, spe­ro fino all’ultimo che lui si renda conto di quel che sta facendo. Quanto sia sbagliato. Quanto non sia paterno. Quanto non sia uma­no. Io so che lui soffre dentro di sé, e tanto.


Ci ha parlato appena ieri mattina: secondo lei cosa prova Beppino?
Non so come possa vivere con un peso addosso come questo: Elua­na da diciassette anni è in quelle condizioni, ma lui fino a ieri mat­tina non si era mai svegliato sa­pendo che sua figlia sta per mori­re.


Come mai, Margherita, lei e suo marito Giuseppe decideste d’in­terrompere la chemioterapia a vo­stro figlio?
Paolo ne aveva fatti quattro cicli, ne mancavano due, ma ormai il male a­veva invaso tutto il suo corpo e i medi­ci ci spiegarono be­ne la situazione. I dolori e il vomito e tutte le devastazio­ni provocate dalla chemio a quel pun­to sì che sarebbero stati accanimento terapeutico: così ci fermammo, affi­dandoci e affidando Paoletto a Dio.


Perché invece con Eluana non ci sarebbe accanimento terapeutico?
Ma Eluana non ha una malattia, non è terminale, non ha un dolo­re, non ha un macchinario nella stanza, non c’è nulla che possa far pensare ad un accanimento per te­nerla in vita! È accudita, curata, a­mata. La si deve solamente aiuta­re a mangiare! Beppino però sostiene che la mor­te di Eluana servirà a liberarla... Liberarla da cosa? Come fa lui a sa­pere che lei è in catene? Una per­sona che soffre lo si vede. Non lo capisco proprio cosa voglia dire Beppino, cerco di sforzarmi, ma non ci arrivo.


Quella giovane donna da ieri è ri­coverata nella sezione maschile del "Reparto Alhzeimer" della cli­nica udinese "La Quiete"...
Ma si rende conto?! È lì, da sola, con nessuno che la conosce, che l’ha curata, che la ama, perché le suo­re di Lecco la amano: se sapesse ie­ri sera ( lunedì, ndr) quando ho chiamato suor Rosangela come piangeva. Anzi, mi permetta di rin­graziare proprio le suore della ca­sa di cura "Beato Talamone" e tut­te le persone che per quindici an­ni hanno avuto quella tale cura per Eluana.


Margherita, ma perché lei decise d’andare a trovarla?
Non lo so. Una sera ero a casa, ho visto la notizia al telegiornale e ne ho avuto il desiderio. So di non valere nulla, ma ho cercato il nu­mero di Beppino, perché volevo fargli sentire la mia vicinanza. L’ho chiamato, gli ho spiegato chi ero e che sarei stata felice se avessi potuto incontrare Eluana. Lui fu molto gentile, mi disse: «Signora, davanti al suo dolore m’inchino e mi fa piacere se viene». Appena poi arrivai a Lecco, mi chiese su­bito: «Margherita, tu da che par­te stai?».


Lei cosa gli rispose?
«Beppino, io non sto dalla parte di nessuno: sono venuta a trovare E­luana come se tu fossi venuto a tro­vare un mio parente caro»: andai da lei non per far cambiare idea a Beppino né per altro, solo perché mi era sembrato giusto farlo.


Come mai lei ha accetta­to di raccontare tutto que­sto solamente adesso?
Beppino sa che io non a­vrei mai detto nulla e l’ha visto finora. Però è giunto il momento di dare voce a Eluana.


Un’ultima domanda, Margherita: ha speran­ze per Eluana?
La prima volta andai a trovarla nel novem­bre scorso: le promisi che sarei tornata per Natale e Beppino, certo e tranquillo, mi disse: «A Natale non ci sarà più». Io le sussurrai nell’orec­chio sotto voce «non ti preoccupare, ci rivedia­mo» e così poi è stato.

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Non si può uccidere un angelo

Eluana dà segni di miglioramento

di Antonio Gaspari da Zenit.org (21 gennaio)

“Non si può uccidere un angelo. Nessuno ha diritto di togliere la vita ad una persona”. Così Antonella Vian, medico di Seregno (Monza), una delle poche persone che hanno avuto la possibilità di incontrare Eluana, ha spiegato a ZENIT che la Englaro, nonostante i 17 anni di grave disabilità, è viva e sta dando evidenti segni relazionali.

La dottoressa ha raccontato di essere rimasta colpita dalla reattività di Eluana.

La Vian ha spiegato che, molti che non l’hanno mai vista, la descrivono come una ragazza che vive da 17 anni attac­cata senza speranza ad una spi­na e in stato continuo di soffe­renza fisica, invece “non è attaccata ad un re­spiratore e respira autonomamente, a­pre e chiude gli oc­chi se sente parlare o se vede la luce, presenta un norma­le ritmo sonno-ve­glia”.

Inoltre “è in grado di variare il ritmo del suo respiro, a se­conda degli argo­menti di cui si parla intorno a lei. Le ho sentito, per esem­pio, un respiro mol­to affannoso quan­do si parlava della sua morte e si tran­quillizzava se le si parlava con dolcez­za e affetto”.

La dottoressa ha precisato che “Eluana non si trova in una sala di rianima­zione. Lei vive in una normale stanza, presso la Casa di cura Beato Lui­gi Talamoni di Lecco, accudita da suor Rosangela. Ha solo un son­dino naso-gastrico che l’alimen­ta”.

“Eluana – ha sottolineato la Vian – non sta soffrendo, anzi dà segnali di ripresa, vedi le me­struazioni che da qualche tempo le sono tornate e poi si è guarita da so­la da una grave emorragia avuta in ottobre, senza alcun interven­to medico”.

“Purtroppo – ha aggiunto – non ha contatti con persone, perché così sono gli or­dini e non lo trovo per niente po­sitivo per lei. C’è uno stato di rassegnazione, intorno a lei, per i tanti anni pas­sati in questo letto e per la sentenza che il 9 luglio del 2008 ha autorizzato la sospensio­ne dell’alimentazione e dell’i­dratazione, mediante sondino naso- gastrico”.

La Vian che è pure intervenuta nella manifestazione svoltasi a Lecco, sabato 17 gennaio, è convinta che “la scienza, non si è fermata: ciò che allora sembrava impossibile, oggi non lo è più”.

Ed in ogni caso “che diritto ha l’uomo di uccidere un angelo che non ha alcuna possi­bilità di difendersi?” .

“Aiutiamola facendo intervenire il progresso scientifico che se non oggi o un prossimo domani potrà darle e­videnti segnali di miglioramen­to – ha incoraggiato –. Lei la sua parte la sta già fa­cendo. Adesso tocca a noi!”.

In conclusione Antonella Vian ha voluto esprimere il suo personale e sentito ringraziamento al Ministro del Welfare Maurizio Sacconi, che con il decreto di urgenza ha impedito la morte di Eluana nella clinica di Udine.

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Intervista a Luciano Gattinoni, Primario di Anestesia a Milano

di Rita Balestriero da il Giornale (4 febbraio)

In questi giorni ha ripensato spesso ai versi di Dante il professor Luciano Gattinoni, primario di anestesia al Policlinico di Milano. Guardava le foto di Eluana, così bella e sorridente, ripercorreva le tappe di «questa brutta storia» e la mente ritornava ai banchi di scuola, «a quei versi, così dolci ma insieme strazianti, al XXXIII canto dell’Inferno, quando Dante descrive la morte dei figli del conte Ugolino».

Ce lo ricordi dottore, come morirono quei bambini?
«Proprio come morirà Eluana, di fame e di sete».

Una morte dolorosa?
«Tra le più atroci. Non si fa morire così neanche un cane. Le sfido queste persone, a provare a non bere niente per due giorni interi: la lingua inizia a gonfiarsi e piano piano la mancanza di idratazione provoca dolori atroci».

Dicono che la ragazza però non soffrirà, che non sentirà né dolore, né fame, né sete perché è in stato vegetativo, il suo cervello è troppo danneggiato...
«Chiunque dice queste cose mente».

Quindi lei è certo: Eluana sta andando incontro ad atroci sofferenze.
«La risposta sensata è una sola».

Quale?
«Nessuno lo sa davvero. Per certo sappiamo che Eluana non ha una percezione del dolore come la nostra, ma da qui a dire che morirà senza provare alcuna sensazione ne corre di strada».

Quindi lei è d’accordo con l’utilizzo di antidolorifici?
«Sì. Precauzionalmente o intenzionalmente poco importa, in questo caso l’uso di ipnotici e antidolorifici è obbligatorio. Non farlo sarebbe crudele, anche per chi crede che Eluana non soffrirà, perché nessuno può avere certezze a riguardo».

Proviamo a immaginare di entrare in quella stanza del primo piano, prima la terapia verrà ridotta del 50 cento, poi sempre di più, fino al quarto giorno, quando l'alimentazione e l'idratazione saranno sospese completamente e il medicinale somministrato attraverso il sondino sarà sostituito con un altro per via muscolare, insieme ai sedativi. Ma a tutto questo, come reagirà il corpo di Eluana?
«Guardi, è molto semplice: il corpo umano riesce a resistere circa due mesi senza mangiare, non più di otto giorni senza bere, quindi quella povera ragazza vivrà ancora per circa dodici giorni, perché saranno comunque costretti a sciogliere i farmaci in acqua».

Pare che le verranno somministrati anche prodotti come saliva artificiale, spray di soluzione fisiologica e gel. Dicono che serviranno per evitare eventuali disagi.
«Ma cosa vuol dire? Queste pratiche mi sembrano solo un modo per mettersi al sicuro esteticamente, un palliativo per l’opinione pubblica e per i medici che entreranno in quella stanza».

Per lei allora, quale sarebbe stato l’epilogo migliore?
«Continuare a garantirle idratazione e alimentazione, proprio come è stato fatto finora».

E poi?
«Aspettare che la natura facesse il suo corso, semplicemente. Senza intervenire di fronte ad ulteriori complicazioni. E invece...».

Continui.
«E invece così l’umanità ne esce sconfitta».

In che senso?
«Guardi ce l’ha insegnato più volte la storia: quando si ingaggiano guerre di religione si finisce sempre male».

Però un vincitore c’è: il signor Englaro è riuscito a ottenere quello che voleva da anni.
«Certo, ha vinto la sua battaglia ideologica, ma è proprio sicura che si possa definire un vincitore?».

Me lo dica lei.
«No. E le spiego il motivo: Eluana ha smesso di essere una persona da molto tempo».

Mi scusi, ma se non è una persona allora cos’è?
«Una bandiera. Purtroppo ormai è diventata solo un vessillo che le persone fanno a gara per poter sventolare».

Dopo la morte è già stato stabilito che Eluana sarà sottoposta anche ad autopsia. Dicono che servirà per studiare il cervello delle persone in stato vegetativo come lei.
«Vuole che le dica davvero quello che penso?».

Certo.
«Mi pare solo un ulteriore oltraggio. Cosa dobbiamo ancora imparare da questa brutta storia?».

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ti chiedo se posso rigriare alcuni articoli su vitabruzzo, citando la fonte. Oddio sono sempre più sconvolto da questa vicenda

Un abbraccio fraterno TE

Anonimo ha detto...

"mentre Berlusconi aveva ipotizzato un intervento del governo per bloccare lo stop all'alimentazione della donna, in stato vegetatitvo da 17 anni"
Grande Silvio pensaci tu a salvare Eluana!